venerdì 25 aprile 2008


Dunque, mentre rimettevo a posto la mia Harley Davidson (chi mi conosce sa che sono un fanatico di moto) e lustravo il giubbotto di pelle che di solito porto a torso nudo, alla maniera dei gitani, non ho potuto fare a meno di ripensare a Renegade, alias Lorenzo Lamas (vedi foto).




Molti di noi proveranno certamente vergogna nel ricordare la fortunata serie tv in quota mediaset, uno dei migliori esempi di recitazione in un telefilm e di uso insensato delle arti marziali in un poliziesco. Il genere è quello del giustiziere solitario, di cui abbiamo una sfilza abbastanza nutrita di esempi: come non ricordare l'affascinante Charles Bronson, davvero un bell'uomo, oppure, più recentemente, il nerboruto ed espressivo capellone Steven Seagal, con le sue Trappola in alto mare, Trappola nei ghiacci, Trappola a Ginestra Fiorentina e per finire Trappola in culo, l'ultimo della serie (un'altra sua performance indimenticabile direi che può essere Nico, andate a vedervelo, che non ha nulla a che vedere con quello di Mai dire gol). Da citare ci sono anche Van Damme e Dolph Lundgren, per amore di completezza, ma so che ne mancano ancora molti all'appello. Per ultimi, anche se un pò mi dispiace includerli in questo elenco, ci sono quelli dell'A-team; dimentico, infine, Rambo, sebbene per quest'ultimo sarebbe opportuno aprire il capitolo telefilm e guerra fredda, capitolo che però, tristemente, includerebbe anche McGyver (lo so, dispiace anche a me, ma era davvero una propaganda triste).




Tutti questi personaggi hanno almeno un tratto in comune: oltre ad essere interpretati da attori privi della capacità di esprimere qualsiasi emozione umana (e che per quache strano motivo hanno spesso nomi o cognomi italoamericani, il peggiore dei quali secondo me è Cobretti, in arte Cobra, interpretato da Stallone nell'omonimo film, ma si accettano suggerimenti) Rino Raines di Renegade e co... hanno un'altra caratteristica comune: quella di essere delle "vittime del sistema". Spesso si tratta di poliziotti, magari dai modi spicci, ma giusti, che sono stati inculati da altri poliziotti, corrotti e intramati politicamente. Spesso l'eroe di turno viene incastrato, come si dice, e accusato di reati non commessi. Scattata la trappola (taaac) l'eroe è costretto a fuggire inseguito dalla legge perversa, senza avere la possibilità di difendersi. In questi casi, in genere, o l'eroe si sistema trovando un lavoro presso qualche generoso e stravagante comprimario (vedi in Renegade il simpatico pellerossa Brascombe Richmond, nella foto qui accanto; Brascombe: ma poi che cazzo di nome è?), oppure, comunque sia, è costretto a darsi alla macchia.




L'idea che sta dietro a tutti questi personaggi è quella di un sistema malato, la burocrazia, la polizia, la legge, che danneggia l'individuo onesto, il quale, a questo punto, è costretto a ribellarsi e a cercare di farsi giustizia da solo. Il farsi giustizia da solo, spesso con ogni mezzo e nel totale disprezzo della legge e della morale, non è un crimine, in questo caso, perché l'individuo è stato tradito dal sistema ed in virtù di questo tradimento è legittimato ad usare ogni metodo per ripristinare la giustizia: ormai, la legge del sistema non ha più valore.




L'ideale di questa ribellione originaria è il mito fondatore dell'Indipendenza americana, in cui i coraggiosi coloni del nuovo mondo si ribellarono alla corona inglese e conquistarono le loro terre e la loro libertà. Appare a tratti anche il mito della frontiera, dello spazio aperto da conquistare, simbolizzato magari dalla moto e dagli spazi aperti, che infatti in Renegade appaiono di continuo. Quest'ideale dell'individuo che in virtù di un tradimento originario esce dalla legge e dallo Stato, diventando unica ed autonoma fonte di giustizia, è un ideale che riappare nella guerra di secessione, dalla parte sudista, e che più attualmente è il centro della concezione (anti-)politica repubblicana ed in particolare neoliberista, in cui lo stato è chiamato sempre più a farsi da parte a favore dell'individuo: niente sicurezza sociale, niente tasse, solo Libertà (con la elle maiuscola) e qualche fucile. Dalle nostri parti, Berlusconi e la Lega sono i rappresentanti migliori di questo pensiero che scorre sempre vivo in due secoli e mezzo di cultura americana e che, grazie soprattutto a mediaset, ha abbondantemente raggiunto anche noi.




Comunque, il più tenace di questi personaggi da telefilm, che ancora resiste sul piccolo schermo è, credo, Walker Texas Ranger, interpretato da quel simpaticone (brrrr) di Chuck Norris. Nel corso delle primarie americane per il partito repubblicano, il coraggioso Norris ha pubblicamente appoggiato Mike Huckabee (ma dove cazzo li trovano questi nomi?), uno dei candidati favoriti. Va notato che il personaggio del suo telefilm è esplicitamente plasmato sul suo personaggio pubblico, politicamente schierato; va notato anche che il suo telefilm è trasmesso da Rete4, ininterrottamente, da più di dieci anni.





Dopo queste elezioni si è parlato spesso del controllo dei media da parte della politica, ma mi sembra che quasi sempre si sia creduto, sbagliando, che i messaggi politici più incisivi provenissero soltanto, o principalmente, dalla bocca dei politici. Da quest'idea nacque la par-condicio, quella legge imbecille che conta le parole dei politici e cerca di fare in modo che tutti ne dicano la stessa quantità. In realtà mi sembra chiaro che i messaggi politici passano attraverso la cultura, attraverso le storie, e nel caso della nostra cultura, attraverso i libri, i film, ma soprattutto la tv (Berlusconi, per non sbagliare, controlla tutti e tre, ma, come sappiamo, ciò non ha alcuna rilevanza politica). E' attraverso questi canali che si trasmettono le mitologie, cioè quelle riserve di conoscenze collettive che ciascuno ha a dispozione per elaborare un immagine della propria condizione e, eventualmente, decidere come muoversi in base a tale immagine. Con questo non voglio dire che se uno è sottoposto a questo tipo di messaggi in modo massiccio, automaticamente ne esca lobotomizzato, ma che, secondo me, è questo il canale attraverso cui si trasmettono una grande quantità di messaggi che hanno un intrinseco contenuto politico. Vorrei vedere se qualcuno ha il coraggio di dire che non c'è nessuna correlazione, almeno statistica, tra l'essere sottoposti a questi messaggi e le proprie idee politiche, sebbene mi renda conto che io stesso, assieme a molti altri (ma forse sempre meno), non rientro (almeno per il momento) in questa casistica. A parte, ovviamente, il giubbotto di pelle, la passione per le moto, quella per le armi e infine la brutta abitudine, che mi ha attaccato direttamente Bruce Willis, di rovesciarmi mezzo barattolo di aspirine sul palmo della mano e di ingoiarle senz'acqua, così, per farmi passare le sbornie la domenica mattina... (per la cronaca, quando gli U.S.A. hanno invaso l'Iraq, pare che Bruce Willis abbia chiesto che fosse fatta un eccezione alla legge, per permettergli di arruolarsi nei Marines).



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