venerdì 31 ottobre 2008

CITAZIONE DEL GIORNO

"C'è gente che dice che vuol lottare e pooi confonde il fischio d'inizio della partita con quello dell'ultimo minuto, e va a casa."
S. Benni, Saltatempo

lunedì 27 ottobre 2008

venerdì 24 ottobre 2008

ORACOLI STREGONERIA E NOSTALGIA

Visto quello che sta succedendo all'Università in Italia, vista l'incombente crisi economica e viste tutta una serie di altre cose che non ho voglia di elencare, è probabile, anzi è sicuro, che dovrò inventarmi un lavoro. Va bene. L'Università non garantisce quasi nulla a persone che sono preparate a studiare la società, o che forse, come me, non lo sono abbastanza. Fatto sta che come altre persone dovrò pendere ciò che so e cercare di plasmarlo a misura di un lavoro e di una fonte di reddito al di fuori dell'Università. Va benissimo. Come disse quel tale (Mao Zedong, che divenne Mao Tse Tung e infine Mauro the dog) "Caos totale sotto il cielo, le cose non potrebbero andare meglio". Non lo dico con sarcasmo. L'unica cosa che davvero mi dispiace è che ho perso il contatto con l'anima di quella nobilissima, multiforme e spesso incoerente disciplina che si chiama antropologia, o etnologia.

Quando ho cominciato a studiare sono entrato in un mondo popolato da Nuer, Azande, Baruya, Yanomamo, e di personaggi che in modo più o meno onesto e sincero hanno cercato il senso di forme di vita sociale completamente estranee ed incomprensibili ai nostri occhi. Intellettuali, studiosi seri, ma anche spie coinvolte con i servizi segreti o con multinazionali dalle dubbie finalità, girovaghi, personaggi controcorrente. Cosa ci lasciano? Ci lasciano, fondamentalmente, piccole e grandi perle di saggezza che spesso possono aiutare a lenire sofferenze, mostrandoci che il mondo è estremamente vario, ma che spesso anche nelle situazioni più radicalmente lontane dalle nostre abitudini si trovano problemi e sofferenze analoghe alle nostre. Da una parte, l'idea che in questo momento qualcuno viva in una foresta nel beato disinteresse per lo scontro di civiltà, per la riforma Gelmini, o per la crisi dei subprime ha, almeno su di me, un effetto catartico. Mi fa tirare un sospiro di sollievo. D'altra parte, quando mi capita di ritagliarmi fantasie di evasione, tipo vado a vivere in una capanna in Nuova Guinea coltivando qualche tubero e mantenendo tre o quattro mogli, quando penso questo, subito mi viene in mente come abbia studiato i dettagli della vita di chi vive in quel modo, per come li ha riportati qualche antropologo, ed allora mi rendo conto immediatamente che se non avessi i miei problemi ne avrei altri. Eppure, Corto Maltese docet, sognare è fondamentale, basta non crederci troppo.

Gli antropologi sono delle specie di rockstar nel mondo intellettuale, un po' come solo i fisici ed i matematici riescono ad esserlo. C'era un tale che si chiamava Edward Evan Evans-Pritchard, morto nel 1973, si dice, ritrovato in una vasca da bagno con una bottiglia di wiskhey in mano. Non so se sia vero ma a me piace pensare di si. Questo tale ha scritto un libro che per me è uno degli esempi più belli di cosa significhi fare antropologia: si chiama Oracoli, stregoneria e magia tra gli Azande. Gli Azande abitano nell'Africa centrale, tra Repubblica democratica del Congo, Repubblica Centro africana e Sudan, e come tratto antropologico caratteristico credevano nella stregoneria: credevano cioè che alcuni individui fossero stregoni e che avessero alcuni organi che contenevano la sostanza responsabile della stregoneria, che permetteva loro di danneggiare altre persone, di solito rivali, portandole persino alla morte.
Non posso riassumere il libro, anche perché non me lo ricordo, però vorrei mettere in luce alcuni elementi che mi piacciono.

Allora, la stregoneria è anche un modo per spiegare le disgrazie. Noi saremmo portati a dire che è un modo sbagliato, nel senso che sappiamo che nessuno può far ammalare un altro attraverso la stregoneria, semmai con la medicina, ma non è questo il caso. Il fatto è che la stregoneria può spiegare la malattia in questi termini: perché tizio ha, faccio per dire, la scarlattina? Perché a Caio è caduto un tronco d'albero sulla testa fracassandogliela? Le risposte saranno: perché tizio ha contratto un virus, perché Caio stava lì a fare il tamarro appoggiato ad un albero pieno di termiti, e così via... Il fatto è che il perché della domanda riguarda un altro livello della realtà e della sua spiegazione. Il perché non riguarda tanto la causa o la catena di cause che hanno generato il male, termiti-albero-testa, contagio-virus-scarlattina, ma il perché si sia realizzato proprio quell'insieme di circostanze. E' come quando uno muore e la gente si chiede perché. Uno scienziato direbbe che è morto perché l'albero ha fratturato la testa provocando uscita di materia grigia e cose del genere. Eppure non spiega perché ciò sia successo, cioè lo scienziato non spiega niente al livello del senso che quella cosa assume per noi e per gli altri. La stregoneria invece interviene a questo livello della spiegazione. Mira al senso, non alle cause. Ma c'è altro.
Prendiamo il tizio con la testa rotta. Mentre lo curano, bisogna capire chi è stato che ha mandato il suo doppio invisibile ad indebolire quell'albero dove di solito si appoggiava per guardare le ragazze che passavano per andare al pozzo. Allora si fa un elenco di nomi e solitamente verranno fuori i nomi dei suoi rivali. C'è il cugino con cui si solito si litiga per dividersi i lavori nella terra posseduta in comune. C'è lo zio che lo tratta male perché è la figura più autoritaria della famiglia e non vuole che perda tempo con le ragazze. C'è quello che proprio non lo può vedere e a cui una volta diede un calcio nel culo a una festa. Allora, fatto l'elenco, uno si incarica di fare dei sacrifici per decidere chi della lista tra i possibili è stato lo stregone. Si sgozzano polli e si cerca sempre di manipolare i risultati dell'oracolo per far sì che indichi qualcuno in particolare. Chi e perché?
Il responso dell'oracolo in genere punta su una figura, che di solito è in conflitto con l'interessato per cause che hanno a che fare con i diritti sulla terra, sul lavoro, sui beni, o cose così. Accusando il tale di stregoneria si porta alla luce un conflitto latente, che il più delle volte è un tipo di conflitto molto diffuso nella società, perché magari alcune regole possono essere ambigue. In questo modo si manifesta un motivo di disputa e ci si costringe a risolverlo di comune accordo. Quest'interesse nel risolvere i conflitti è quello che fa sì che le persone accettino di essere accusate di stregoneria e ammettano di aver provocato il danno di cui sono accusate. Inoltre, la teoria vuole che la stregoneria possa agire senza che lo stregone se ne accorga. Si può essere stregoni anche inconsapevolmente, per cui se non si ammette la propria colpa la teoria rimane salva.
In pratica, la stregoneria consiste in un insieme di credenze che non devono essere giudicate per la loro verità, poiché funzionano ad un altro livello che è quello dei rapporti tra le persone, dei loro conflitti, e della spiegazione del senso delle disgrazie, delle malattie e della sofferenza.

Non so esattamente se sia possibile oggi replicare un lavoro di questo tipo. Neanche saprei dire esattamente a cosa mi porti riflettere sulla stregoneria, e sulla sua interpretazione, in questo blog. Il fatto è che a volte serve anche una finestra da cui uscire, da cui prendere come una boccata d'aria rispetto a tutto quello che c'è intorno, compresi i movimenti degli studenti di questi giorni. Quei poli sgozzati, così come le conchiglie che circolano nei circuiti di scambio tra isole in Melanesia, il più famoso dei quali è il Kula, oppure le automutilazioni Dervisci curdi, mi fanno pensare al mondo che per fortuna è grande, che per fortuna non è tutto qui, e che per fortuna non è tutto così. Per me erano i primissimi anni di Università quelli in cui studiavo queste cose, e pensavo che avrebbero fatto parte del mio futuro. Non è stato così, non è così, ma pazienza. Solo che a volte uno ci pensa e gli viene un pò di nostalgia.

martedì 14 ottobre 2008

PICCOLA OSSERVAZIONE SUL MODO DI SPIEGARE LE COSE ECONOMICHE

Da Repubblica di oggi:
"L'inflazione a settembre è al 3,8%, dal 4,1% di agosto. Lo comunica l'Istat confermando la stima preliminare. I prezzi su base mensile sono scesi dello 0,3%."
No, non sono scesi a Settembre, ma sono aumentati meno che a Agosto. L'indice riguarda l'inflazione che è l'aumento dei prezzi, non i prezzi.

venerdì 10 ottobre 2008

LA NEOCULTURA FASCISTA E IL MITO DELL'ORDINE

Decidere di fondare un coordinamento antifascista può dare la sensazione di qualcosa di anacronistico, tanto quanto fondarne uno fascista. Sembra di passeggiare tra i relitti della storia, tra idee, simboli, parole che sembravano consegnate per sempre, appena poco tempo fa, ai libri ed ai musei. Purtroppo non è così, e non lo è per diverse ragioni che mi piacerebbe provare a spiegare.

Qualunque appello al passato, ad una tradizione, ad una storia, ad una mitologia, affonda le sue radici nel proprio presente. Sono bisogni del presente che spingono il nostro sguardo al passato. Le simpatie fasciste, radicate nel mondo politico ed in questo governo in particolare, ma crescenti nella società e soprattutto nelle realtà giovanili, oggi, non rimandano praticamente a nessuno degli aspetti politici del regime fascista storicamente esistito. I punti caldi della società e della cultura in cui tendono a manifestarsi idee e pratiche di stampo fascista sono punti che non trovano, se non in modo marginale, qualche punto di connessione con il regime. Un esempio evidente è la questione dell’immigrazione: il riferimento al fascismo, celato o esplicito nei tanti atteggiamenti di xenofobia che vanno dalle più sottili discriminazioni fino alle pesanti aggressione sofferte dagli extracomunitari, rappresenta l’appello nazionalista ad un’ideale di superiorità della propria comunità etnica. Non vi sono però pratiche né progetti politici di derivazione fascista che servano ad affrontare, o anche a reprimere, l’immigrazione, tranne forse le leggi razziali, che pure non erano rivolte ad immigrati. Com’è dunque che nella condizione presente si ritrovano delle risonanze con il fascismo, allora?

Un nodo centrale credo risieda nel mito dell’ordine. Il militarismo fascista era una passione per l’ordine, la disciplina e la gerarchia, forse prima e più ancora che per la violenza,. Le divise, le parate militari e tutto l’armamentario estetico del regime erano richiami, appunto, ad un ordine regolato e controllato dal potere politico. L’aspetto totalitario del regime stava nel suo pervadere la totalità degli aspetti della società e della vita delle persone ad esso sottoposte. Questa passione per l’ordine spesso si esprimeva, fortunatamente, in un’obbedienza di facciata, in un rispetto puramente formale ed esteriore per le regole e per il potere, dal quale nell’intimo e nel privato, molte persone, mantenevano comunque una certa distanza ed autonomia di pensiero. E’ stato questo, probabilmente, che ha permesso al regime di cadere dando la sensazione di “squagliarsi come neve al sole”.

Ciò che, forse a torto, si è ritenuto ormai conquistato dopo il crollo del regime e la nascita della Repubblica è il rifiuto dell’ideale totalitario. Caratteristico della democrazia liberale, come sistema politico, è l’assenza ed il rifiuto, sanciti dalla costituzione, di un potere politico tanto invasivo da regolare ed ordinare secondo i propri criteri, quali che fossero, le esistenze dei singoli, come era invece tipico dei regimi totalitari, ad esempio. Occorre però dire che sotto molti aspetti è stato il mercato con i suoi dettami e le sue regole, a sostituirsi al potere politico, o a combinarsi con esso, per formare la struttura della società. Una vera libertà è ben lungi dall’esistere realmente. Eppure qualcosa è accaduto, qualcosa che appare, ed è, un miglioramento rispetto ad un regime totalitario: le libertà individuali, soprattutto politiche e religiose, sono state affermate fino a un punto dal quale sembra (e sottolineo sembra) difficile tornare indietro. Non pare in effetti che la maggior parte delle persone che pure appoggiano questa svolta autoritaria nella società italiana siano tanto interessate alla “certezza” dell’egemonia culturale e politica propria di un regime totalitario. In effetti, queste convergenze tra la neocultura del fascismo ed il fascismo storico non sono sempre esplicite. Sono forme subdole di richiamo, e forse non sempre consapevoli. E’ un atteggiamento verso la società che spinge verso queste posizioni. Ed in effetti ci sono, addirittura, vecchi militanti del P.C. che appoggiano le posizioni xenofobe della Lega, senza percepire contraddizione tra l’aver, un tempo, combattuto il fascismo e l’appoggiarlo sotto nuove forme, oggi.
Qual è allora il tipo di sicurezza che cercano nel richiamarsi a pratiche ed idee di stampo fascista?

Innanzitutto è un bisogno nevrotico di ordine. La differenza, in particolare somatica e linguistica caratteristica degli stranieri, è indice di una situazione di mutamento. E’ come se si percepissero due liquidi, di colori diversi, che si stanno mischiando e se ne cercasse disperatamente di impedire la fusione, perché non si riesce a capire quale sarà il colore del liquido che si otterrà alla fine del processo. Spesso, è vero, può trattarsi anche di guerra tra poveri, come si dice quando si parla della concorrenza che i lavoratori, spesso di fascia bassa, si fanno a vicenda per ottenere le briciole della ricchezza che producono. Eppure, la cosa più triste è che nella maggior parte dei casi il fastidio verso gli immigrati è un fastidio più “visivo” che fisico, qualcosa che si forma più nel contatto che nello scontro. C’è un ordine che viene a mancare, quindi, una condizione, illusoria, di purezza originaria, che si sente essere venuta meno e della quale si vorrebbe il ripristino.

Ed è qui che credo si stabilisca una particolare sintonia tra la condizione del presente e la cultura autoritaria del fascismo, quella specie di risonanza che fa sì che molte persone e molti giovani in particolare, anche nella più beata ignorata della storia, trovino negli slogan, negli atteggiamenti e nelle pratiche del fascismo qualcosa che appare loro sensato e coerente con ciò che hanno intorno e che vivono. Qualcosa che riesce a parlare loro. Il fatto è che il fascismo è costituzionalmente nostalgico, perché in cuor suo si illude di essere una forza che ripristina una condizione di ordine e di splendore storicamente venuta meno. E’ un mito di riscatto e di salvezza attraverso la forza dell’autorità.

Nella presente situazione di mutamenti economici e sociali, l’eliminazione della diversità in quanto tale, è il primo elemento di questa reazione.

Un secondo elemento può essere la continua ed ossessiva affermazione di regole, che sembrano offrire un’ancora di salvezza a coloro che non riescono a pensare e ad agire in un mondo diverso da quello a cui sono abituati. Questo secondo aspetto può sembrare marginale, ma è tanto pericoloso quanto sfuggente. Basti pensare alle crescenti limitazioni della vita sociale. Gli spazi comuni sono continuamente regolamentati da divieti di ogni tipo. Il solo fatto di vivere momenti e spazi delle città e delle giornate diversi rispetto a quelli “normali”, come le strade di notte, per esempio, è sempre più visto con sospetto e timore, anche in città, come Siena, in cui davvero si fatica a trovare giustificazione per la crescente percezione di insicurezza. Il “decoro”, parola sempre più ricorrente nelle lamentele delle cittadinanze come nelle ordinanze dei comuni, è il concetto che meglio esprime questa strisciante tendenza all’autoritarismo. Come se cartacce, bottiglie, schiamazzi –persino il mangiare in pubblico!- fossero sintomi di una qualche pericolosa degenerazione della società. Eppure è così che vengono vissuti. C’è anche quindi il moralismo di pura facciata, efficace nel trasmettere un’ideale di ordine piuttosto che nel rispettarlo, a caratterizzare le tendenze fasciste del presente collegandole con quelle del regime ispiratore.

C’è poi un altro fatto connesso a questo. Questa tendenza alla pulizia ed all’ordine tende, se non mira esplicitamente, a far sì che la vita sociale ripieghi sempre di più nel privato. Solo nei locali, pagando e consumando, si sta insieme. Oppure in casa. Magari davanti alla televisione. La passione autoritaria non fatica mai a seguire i dettami del mercato e degli interessi. In alternativa, solo con il beneplacito delle istituzioni si può accedere a qualche spazio di aggregazione chi non gode della loro approvazione, come gli irregolari, è bandito da ogni forma di vita sociale.

Ribellarsi a quest’ordine significa rivendicare il bisogno di autonomia nella creazione di luoghi, tempi e modi dello stare insieme. Significa cercare formule di convivenza e condivisione spontanee, aliene ad ogni forma di discriminazione razziale, di genere o quant’altro.

Sta nascendo: http://antifasiena.wordpress.com/: Seguitelo; speriamo che vada lontano, o almeno da qualche parte.