
Allora, recentemente ho rivisto il film V per Vendetta mentre il fumetto è un pò che non lo leggo, però credo comunque di poter parlare del soggetto senza grossi sputtanamenti.
Le vicende si svolgono in un futuro, un fantafuturo, in cui l'Inghilerra è dominata da un regime fascistoide, mentre gli stati uniti praticamente sono stati distrutti da una guerra interna. Uno degli aspetti più interessanti della storia è il fantaregime. Gli autori, Moore in particolare, hanno immaginato un futuro che non si differenzia dal presente tanto per l'esistenza di qualche tecnologia particolare -tipo Blade Runner- ma piuttosto per il particolare assetto politico e sociale in vigore. In questo, ricorda più Arancia Meccanica o 1984 di Orwell.
In pratica, in quest'Inghilterra futura, è andato al governo un partito neofascista che ha ricevuto tutti i consensi possibili dopo che ha promesso sicurezza in seguito ad alcuni oscuri attentati terroristici, in cui sono sate usate armi chimiche e batteriologiche. Il regime ha eliminato quasi ogni forma di opposizione e di diversità culturale -omosessuali, oppositori vari, ecc...- con il pretesto della sicurezza. Per esempio, nelle città vige il coprifuoco serale, e nella prima pagina della graphic novel si vede una telecamera che riprende una strada -in ogni luogo ce c'è una- e sotto alla telecamera c'è un cartello con una scritta che recita:
"Per la vostra sicurezza"
In effetti, lo Stato è caratterizzato da un imponente apparato di polizia, di spionaggio e di investigazione: dietro ogni angolo, in cima ad ogni lampione, dentro ogni telefono o televisione c'è sempre una telecamera, una microspia, e qualcuno, all'atro capo, che ascolta, che controlla. Il controllo non risparmia neanche chi fa parte del sistema poliziesco, chi vi lavora, in pieno stile staliniano, maccartista e nazista: nessuno è davvero al sicuro e perciò tutti sono costretti a dare continue prove di fedeltà. L'incertezza e la paura non sono mai risolte davvero, ed è in questa rincorsa impossibile che si gioca la conservazione del potere.

V è una specie di supereroe fumettistico, con particolari poteri, ovviamente, e con una maschera, immancabile. Detto questo, non ha nulla a che vedere con i supereroi dei fumetti, tipo superman, uomo ragno o roba così.
Prima di tutto è un eroe politico, o comunqe politicamente ipirato. E' un anarchico, ed in effetti in film ed il fumetto si presentano anche come riflessioni, molto vivaci, sull'uso della violenza nella politica: V fa un uso contraddittorio dei suoi mezzi e della sua filosofia, di cui non vengono nascosti i limiti. Un altro aspetto interessante è il potenziale delle idee, l'importanza di conservarle, di elaborarle, ma, soprattutto, viene identificata una contraddizione insanabile entro qualunque tipo di idea, riassunta nella formula "le idee non amano". Infatti, l'idea e la pratica di giustizia portate avanti da V non guardano in faccia nessuno: questi si limita a studiare un sistema, ad individuarne i punti deboli, e poi infine a fare in modo che crolli su se stesso: chi si ritrova coinvolto, viene semplicemente spazzato via, in nome di una giustizia che nel suo spirito richiama più, appunto, una vendetta.
Questo era solo per dare un'idea -chi ha voglia può leggere il fumetto e/o guardare il film- ma quello che mi sembra interessante è qualcos'altro. Innanzitutto, va detto che Alan Moore, che è il creatore del personaggio e della storia assieme al disegnatore David Lloyd, si è lamentato del film, che è stato semplificato ed alterato nella sua componente più politica: se infatti il fumetto era una rappresentazione di uno scontro tra fascismo e anarchia, il film assume un tono più populista -e americano, aggiungerei- mettendo in scena uno scontro, duro ma superficiale, tra tirannide e Libertà, con la elle maiuscola. Oltre a questo, però, c'è almeno un dettaglio del film che secondo me deve essere valorizzato.
Il regime esercita un controllo capillare attraverso i mezzi sopracitati sulla vita delle persone, ma la sua caratteristica principale, che viene fuori nella storia, è il fatto che tale regime è stato instaurato dopo alcuni attentati terroristici di matrice non chiara. Questi attentati con armi chimiche e batteriologiche hanno fatto decine di migliaia di morti subito prima delle elezioni, mandando al potere chi prometteva una svolta securitaria e legalista. La storia di questi attentati ha un legame particolare con le origini di V, a cui non accennerò per non sputtanare niente della trama.

Per farla breve, credo che nello spirito, il film sia abbastanza chiaramente riferito all'11 settembre. Quello che suggerisce è, per prima cosa, che la reale matrice degli attentati sia interna, o che comunque parti dell'amministrazione americana, leggi Bush e C.I.A., abbiano avuto un ruolo attivo nel portare a compimento gli attentati alle torri e al pentagono (vedere ad esempio luogocomune.net, c'è il link in basso a destra).

Questo secondo me è il messaggio di fondo, particolare e tutto americano, che muove il film, anche se la cosa non è troppo esplicita. C'è però anche qualcosa di meno americano e più generale in questa faccenda, che riguarda la campagna elettorale in corso, e soprattutto un punto di principio fondamentale ed irrinuciabile per ogni forza politica, e anche per il neonato Piddì.
La paura è un importante fattore di consenso e coesione per la società (viene da ripensare anche a Bowling 4 Columbine di Michael Moore per esempio): il mito della sicurezza sembra essere anche quello che spinge la politica da noi. "Le città non sono più sicure, la gente ha paura, non vuole più uscire di casa!" E' vero. Però è vero anche, secondo me, che la gente cosiddetta ha smesso di uscire di casa prima che la città non fosse più sicura. Ho il sentore, cioè, che se anche le città fossero più sicure (= meno popolate), le persone non uscirebbero, non starebbero molto fuori a chiacchierare, ad incontrarsi. Quello che ci manca, secondo me, è l'idea e l'abitudine a concepire degli spazi pubblici, proprio dei posti, cioè, in cui uno sta senza pagare. Per esempio: si va insieme al bar, al pub, in discoteca - in luoghi dove si paga, sempre- ma non si sta sulle panchine, nelle piazze, o comunque lo si fa sempre meno (noi italiani più di altri, va detto). La vita è fondamentalmente organizzata per lasciare spazio alla televisione come fonte di svago, o comunque sempre al privato come luogo dove, al limite pagando, si può stare insieme, socializzare e divertirsi (e svagarsi nel senso anche di prendere le svaghe). Questo dipende forse dal fatto che nelle grandi città le persone non si conoscono e perciò non si fidano minimamente l'un l'altra. Sicuramente. Oppure anche dal fatto che il lavoro porta via troppo tempo ed energie, a tutti (a me no, fortunatamente, almeno per ora: ed è anche per questo che ora sono qui a dire queste cose). Sicuramente.
