venerdì 24 ottobre 2008

ORACOLI STREGONERIA E NOSTALGIA

Visto quello che sta succedendo all'Università in Italia, vista l'incombente crisi economica e viste tutta una serie di altre cose che non ho voglia di elencare, è probabile, anzi è sicuro, che dovrò inventarmi un lavoro. Va bene. L'Università non garantisce quasi nulla a persone che sono preparate a studiare la società, o che forse, come me, non lo sono abbastanza. Fatto sta che come altre persone dovrò pendere ciò che so e cercare di plasmarlo a misura di un lavoro e di una fonte di reddito al di fuori dell'Università. Va benissimo. Come disse quel tale (Mao Zedong, che divenne Mao Tse Tung e infine Mauro the dog) "Caos totale sotto il cielo, le cose non potrebbero andare meglio". Non lo dico con sarcasmo. L'unica cosa che davvero mi dispiace è che ho perso il contatto con l'anima di quella nobilissima, multiforme e spesso incoerente disciplina che si chiama antropologia, o etnologia.

Quando ho cominciato a studiare sono entrato in un mondo popolato da Nuer, Azande, Baruya, Yanomamo, e di personaggi che in modo più o meno onesto e sincero hanno cercato il senso di forme di vita sociale completamente estranee ed incomprensibili ai nostri occhi. Intellettuali, studiosi seri, ma anche spie coinvolte con i servizi segreti o con multinazionali dalle dubbie finalità, girovaghi, personaggi controcorrente. Cosa ci lasciano? Ci lasciano, fondamentalmente, piccole e grandi perle di saggezza che spesso possono aiutare a lenire sofferenze, mostrandoci che il mondo è estremamente vario, ma che spesso anche nelle situazioni più radicalmente lontane dalle nostre abitudini si trovano problemi e sofferenze analoghe alle nostre. Da una parte, l'idea che in questo momento qualcuno viva in una foresta nel beato disinteresse per lo scontro di civiltà, per la riforma Gelmini, o per la crisi dei subprime ha, almeno su di me, un effetto catartico. Mi fa tirare un sospiro di sollievo. D'altra parte, quando mi capita di ritagliarmi fantasie di evasione, tipo vado a vivere in una capanna in Nuova Guinea coltivando qualche tubero e mantenendo tre o quattro mogli, quando penso questo, subito mi viene in mente come abbia studiato i dettagli della vita di chi vive in quel modo, per come li ha riportati qualche antropologo, ed allora mi rendo conto immediatamente che se non avessi i miei problemi ne avrei altri. Eppure, Corto Maltese docet, sognare è fondamentale, basta non crederci troppo.

Gli antropologi sono delle specie di rockstar nel mondo intellettuale, un po' come solo i fisici ed i matematici riescono ad esserlo. C'era un tale che si chiamava Edward Evan Evans-Pritchard, morto nel 1973, si dice, ritrovato in una vasca da bagno con una bottiglia di wiskhey in mano. Non so se sia vero ma a me piace pensare di si. Questo tale ha scritto un libro che per me è uno degli esempi più belli di cosa significhi fare antropologia: si chiama Oracoli, stregoneria e magia tra gli Azande. Gli Azande abitano nell'Africa centrale, tra Repubblica democratica del Congo, Repubblica Centro africana e Sudan, e come tratto antropologico caratteristico credevano nella stregoneria: credevano cioè che alcuni individui fossero stregoni e che avessero alcuni organi che contenevano la sostanza responsabile della stregoneria, che permetteva loro di danneggiare altre persone, di solito rivali, portandole persino alla morte.
Non posso riassumere il libro, anche perché non me lo ricordo, però vorrei mettere in luce alcuni elementi che mi piacciono.

Allora, la stregoneria è anche un modo per spiegare le disgrazie. Noi saremmo portati a dire che è un modo sbagliato, nel senso che sappiamo che nessuno può far ammalare un altro attraverso la stregoneria, semmai con la medicina, ma non è questo il caso. Il fatto è che la stregoneria può spiegare la malattia in questi termini: perché tizio ha, faccio per dire, la scarlattina? Perché a Caio è caduto un tronco d'albero sulla testa fracassandogliela? Le risposte saranno: perché tizio ha contratto un virus, perché Caio stava lì a fare il tamarro appoggiato ad un albero pieno di termiti, e così via... Il fatto è che il perché della domanda riguarda un altro livello della realtà e della sua spiegazione. Il perché non riguarda tanto la causa o la catena di cause che hanno generato il male, termiti-albero-testa, contagio-virus-scarlattina, ma il perché si sia realizzato proprio quell'insieme di circostanze. E' come quando uno muore e la gente si chiede perché. Uno scienziato direbbe che è morto perché l'albero ha fratturato la testa provocando uscita di materia grigia e cose del genere. Eppure non spiega perché ciò sia successo, cioè lo scienziato non spiega niente al livello del senso che quella cosa assume per noi e per gli altri. La stregoneria invece interviene a questo livello della spiegazione. Mira al senso, non alle cause. Ma c'è altro.
Prendiamo il tizio con la testa rotta. Mentre lo curano, bisogna capire chi è stato che ha mandato il suo doppio invisibile ad indebolire quell'albero dove di solito si appoggiava per guardare le ragazze che passavano per andare al pozzo. Allora si fa un elenco di nomi e solitamente verranno fuori i nomi dei suoi rivali. C'è il cugino con cui si solito si litiga per dividersi i lavori nella terra posseduta in comune. C'è lo zio che lo tratta male perché è la figura più autoritaria della famiglia e non vuole che perda tempo con le ragazze. C'è quello che proprio non lo può vedere e a cui una volta diede un calcio nel culo a una festa. Allora, fatto l'elenco, uno si incarica di fare dei sacrifici per decidere chi della lista tra i possibili è stato lo stregone. Si sgozzano polli e si cerca sempre di manipolare i risultati dell'oracolo per far sì che indichi qualcuno in particolare. Chi e perché?
Il responso dell'oracolo in genere punta su una figura, che di solito è in conflitto con l'interessato per cause che hanno a che fare con i diritti sulla terra, sul lavoro, sui beni, o cose così. Accusando il tale di stregoneria si porta alla luce un conflitto latente, che il più delle volte è un tipo di conflitto molto diffuso nella società, perché magari alcune regole possono essere ambigue. In questo modo si manifesta un motivo di disputa e ci si costringe a risolverlo di comune accordo. Quest'interesse nel risolvere i conflitti è quello che fa sì che le persone accettino di essere accusate di stregoneria e ammettano di aver provocato il danno di cui sono accusate. Inoltre, la teoria vuole che la stregoneria possa agire senza che lo stregone se ne accorga. Si può essere stregoni anche inconsapevolmente, per cui se non si ammette la propria colpa la teoria rimane salva.
In pratica, la stregoneria consiste in un insieme di credenze che non devono essere giudicate per la loro verità, poiché funzionano ad un altro livello che è quello dei rapporti tra le persone, dei loro conflitti, e della spiegazione del senso delle disgrazie, delle malattie e della sofferenza.

Non so esattamente se sia possibile oggi replicare un lavoro di questo tipo. Neanche saprei dire esattamente a cosa mi porti riflettere sulla stregoneria, e sulla sua interpretazione, in questo blog. Il fatto è che a volte serve anche una finestra da cui uscire, da cui prendere come una boccata d'aria rispetto a tutto quello che c'è intorno, compresi i movimenti degli studenti di questi giorni. Quei poli sgozzati, così come le conchiglie che circolano nei circuiti di scambio tra isole in Melanesia, il più famoso dei quali è il Kula, oppure le automutilazioni Dervisci curdi, mi fanno pensare al mondo che per fortuna è grande, che per fortuna non è tutto qui, e che per fortuna non è tutto così. Per me erano i primissimi anni di Università quelli in cui studiavo queste cose, e pensavo che avrebbero fatto parte del mio futuro. Non è stato così, non è così, ma pazienza. Solo che a volte uno ci pensa e gli viene un pò di nostalgia.