PIPPONE-EX-PARIGINO

giovedì 16 aprile 2009

LETTERA

Pubblicata su voglio scendere

"Queste sono delle vittime innocenti. Vittime di farabutti che hanno speculato sull’edilizia.”Ha detto così il padre di uno dei ragazzi vittime di questo terremoto.Io ero lì, a L’Aquila. Dormivo tranquilla, un po’ perché in fondo con le piccole scosse eravamo abituati a convivere, un po’ perché casa mia era costruita secondo le norme antisismiche, casa mia era un palazzo nuovo.Quella notte tanti altri ragazzi come me sono andati a dormire con la mia stessa tranquillità. La differenza tra me e loro è che io sono ancora viva. Loro no.Io sono viva perché casa mia era davvero antisismica. E loro sono morti perché…. già, perché sono morti?Perché edifici teoricamente nuovi si sono sbriciolati più velocemente di costruzioni risalenti al 1500 (o addirittura al 1200)? Io non credo, come qualcuno ha detto, che porsi domande di questo genere rappresenti una mancanza di rispetto nei confronti delle vittime.Ricordo che, di prima mattina, una mia vicina di casa che possedeva un’auto si era recata alla questura lì vicino. Volevamo informarci se potevamo dare una mano ai soccorsi, sapevamo già che c’erano dei morti e ci sentivamo inutili a stare fuori dalle case, in pigiama, in balìa della paura. Questa ragazza, una volta entrata, si è trovata davanti un ufficiale che stava lì seduto a girarsi i pollici; questo signore le ha detto che per ora non si sapeva nulla, che quella sera, in un campo sportivo, si sarebbe tenuta una riunione aperta alla cittadinanza; lì si sarebbero coordinate le azioni di soccorso, chi voleva dare una mano avrebbe dato il nominativo e poi si sarebbe deciso chi doveva fare cosa…ma come?? Mesi di sciame sismico, e nessuno aveva pensato a stabilire un piano nel caso fosse successa una cosa simile?? Bisognava attendere la sera dopo il disastro???Una ragazza che ha perso il fratello nel crollo della casa dello studente ieri ha detto “I nostri genitori ci mandavano qui a studiare…non a morire.” Non credo sia una mancanza di rispetto sottolineare che, come in tutte le catastrofi naturali, come nelle guerre, anche stavolta le prime vittime sono i poveri. I ragazzi che vivevano nella casa dello studente erano lì perché avevano vinto una borsa di studio. Erano lì perché erano delle persone meritevoli, non dei figli di papà viziati che stanno all’università per divertirsi. Le loro famiglie non erano in grado di mantenerli, perciò lo Stato avrebbe dovuto garantirgli il diritto allo studio.Gli ha garantito il dovere alla morte.Quel palazzo era del 1980. Ed era stato ristrutturato solo due anni fa. Eppure, l’intera parte posteriore è crollata. Ma non è una sorpresa per alcuni dei ragazzi, che giorni prima del crollo avevano segnalato la presenza di crepe nell’edificio, che durante le scosse dei giorni precedenti avevano più volte contattato i vigili del fuoco, ma non avevano ottenuto risposte, che lamentavano la totale assenza di scale d’emergenza.Niente scale d’emergenza, in un edificio concepito per ospitare 150 persone… e se la tragedia non fosse successa in un periodo così vicino alle vacanze di pasqua? e se invece degli 80 studenti che vi si trovavano, l’edificio fosse stato pieno?Uno dei soccorritori che scavava tra le macerie della casa dello studente, intervistato, ha esclamato con amarezza: “Ma quale cemento armato, questo, due colpi di pala e si sbriciola tutto!...”Le parti più nuove dell’ospedale San Salvatore (le prime a crollare) sono state costruite da un’impresa nota come IMPREGILO, la stessa impresa responsabile dello scandalo della spazzatura a Napoli (che ci ha riempito d’orgoglio con il resto del mondo) e la stessa che, a quanto sembra, avrà affidati i lavori per il ponte sullo Stretto di Messina.La più grande ditta produttrice di cemento armato in Italia è da mesi sotto sequestro, accusata di rapporti con la mafia e di truffa, ossia di rubare, impiegando pochissimo cemento e troppa ghiaia e altri materiali inerti negli edifici che costruiva.Nelle intercettazioni si sentono i costruttori fare dialoghi del tipo:“Quanta sabbia vogliamo mettere oggi? E quanto pietrisco?” “Ma non potremmo fare le cose a norma almeno questo mese?” “No no, viene a costare troppo…”E’ UNA MANCANZA DI RISPETTO DIRE CHE QUESTI SONO DEGLI ASSASSINI, CHE DEVONO MARCIRE IN GALERA, CHE BISOGNA FARE IN MODO CHE NESSUNO, MAI PIU’, PER IL RESTO DEI LORO GIORNI, GLI CONSENTA DI SVOLGERE IL LORO LAVORO?Non credo neanche che abbia mancato di rispetto il giornalista che, durante la conferenza stampa, ha chiesto al nostro presidente del consiglio perché i soldi del “Piano Casa” non erano stati usati per rinforzare gli edifici già esistenti, invece di costruirne di nuovi.“Non abbiamo la bacchetta magica… mica possiamo fare tutto antisismico….” È stata la risposta.È vero, non hanno la bacchetta magica. Hanno sei miliardi di euro per costruire il ponte sullo Stretto di Messina. Un progetto che gli architetti più famosi del mondo hanno definito irrealizzabile. Un’opera che non starà mai in piedi. Ma si sa, che gli architetti famosi sono tutti ex agenti del KGB.E poi, già, il Piano Casa… ma in quanti sanno che il Piano Casa elimina il ruolo dei comuni nel controllo della stabilità degli edifici, ruolo delegato esclusivamente al proprietario e al progettista? E se il proprietario e il progettista decidono di andare al risparmio, chi gli impedirà di fare i loro porci comodi?Ma si sa, l’Italia è un Paese dove si indaga, fino a che non si tocca uno importante… allora si cambia la legge.Come dice il prof. di urbanistica Antonello Boatti, le norme antisimiche possono essere applicate anche per recuperare edifici antichi…le università se ne interessano da tempo. Ma naturalmente, queste tecnologie richiedono denaro, e in Italia i fondi alle università vengono tagliati.A piangere ora siamo bravi tutti. Chi non piangerebbe alla vista di una madre che si dispera sulla bara del figlio? Chi non proverebbe rabbia? Purtroppo, l’Italia storicamente è un paese che batte i record per le indignazioni più brevi del pianeta. Pian piano, la gente ritornerà alle proprie vite, a lamentarsi del tempo e dell’inflazione…ma nelle famiglie che hanno perso un figlio, un fratello, un genitore, quel posto vuoto a tavola ci sarà per sempre, ogni giorno; quei sorrisi giovani e pieni di vita, gli abbracci e le carezze di quei ragazzi, saranno per sempre una mancanza lacerante nella vita di chi li ha amati.E quel qualcuno (perché qualcuno c’è di sicuro) che ha la responsabilità di tutto questo, dovrà pagare per le vite che ha spezzato. E noi, studenti sopravvissuti, non dovremo avere pace finché questo non avverrà. Il nostro fiato sul collo sarà la loro tortura. Come dice Marco Travaglio, tante volte è stato detto “Mai più”, fino al terremoto successivo. Stavolta, nessuno deve dimenticare.
Noemi Alagia
Studentessa del secondo anno in Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica, L’Aquila

martedì 14 aprile 2009

I VERI PATRIOTI

Da un pò di tempo a questa parte si notano alle partite di calcio dei tricolori con su scritto, rigorosamente in nerissimo, il nome della città di provenienza del gruppo ultras, oppure il nome del gruppo, il quale può essere parte più o meno organica di una tifoseria organizzata. Sono simboli fascisti, e il piccolo stadio della minuscola Siena non fa eccezione, poichè è possibile vedervi, in occasione delle partite della robur, il tricolore solcato da una scritta in nero: "Gruppo d'azione Siena".
Ora, la gente di sinistra, come me, è storicamente diffidente nei confonti del tricolore, tra le altre cose, per ragioni filosofico-politiche, vedi la concezione marxista della nazione (sembra un argomento tanto astratto, mentre invece è molto radicata nella gente comune; tempo fa ho conosciuto uno spazzino che mi disse, parlando del giornale "La Nazione": "Io non posso nemmeno vedè il titolo..."). L'appartenenza nazionale, secondo questa visione (che in parte condivido) è una sovrastruttura che ha come effetto quello di dividere i lavoratori allineandoli militarmente ai voleri dello stato e di chi lo controlla, cioè la borghesia. Questo spiega la diffidenza da parte della sinistra verso i simboli e le identità nazionali: il socialismo ha sempre avuto una vocazione internazionalista.
Soprattutto però, almeno in Italia, c'è un problema di fondo con lo Stato, o meglio, c'è un gigantesco problema nel rapporto tra politica e Stato. Per i partiti italiani, lo stato è sempre stato un fortino da espugnare, una meta da conquistare e da piegare ai propri principi; da notare che "piegare lo stato ai propri principi" significa sostanzialmente usarlo per favorire i propri sodali, che siano compagni di militanza, parenti, oppure connazionali definiti per etnia o religione poco importa.
In Italia lo Stato non è un soggetto terzo rispetto a due o più fazioni politiche, che ne regola la contesa in base a principi riconosciuti come inviolabili da tutti i contendenti: in Italia lo Stato è considerato dalla politica come un sistema di gestione del potere e della ricchezza che va conquistato, anche con la forza ed il ricatto, se necessario, per usarlo a favore proprio e dei propri simili. Berlusconi ha fatto questo. Per certi versi anche il P.C.I. ha portato avanti un progetto simile, sebbene per finalità decisamente diverse e più condivisibili, almeno per me, rispetto a quelle dell'attuale pres. del cons.. La Lega fa questo quotidianamente. Ed i fascisti e neo-fascisti, che gli piaccia o no sentirselo dire, fanno lo stesso. Altrimenti, non si sentirebbero in diritto di prendere un simbolo che ci dovrebbe rappresentare tutti come italiani per vergarci sopra il nome della propria città o del proprio gruppetto di fanatici. Io non lo farei. Penso alla bandiera di Siena, la Balzana bianconera: se io la prendessi e ci schiaffassi sopra una stella rossa, verrebbe fuori una roba esteticamente superiore, ma eticamente scorretta. Non tutti si riconoscerebbero in quel simbolo e molti sentirebbero come un sopruso l'aver sovrapposto un simbolo che rappresenta una parte ad uno che rappresenta un tutto.
I fascisti di oggi rimarcano continuamente la loro natura eversiva sporcando con i loro simboli mortiferi qualcosa che in teoria dovrebbe essere patrimonio di ciascuno. Strano che a farlo siano forze politiche che rivendicano la sacralità dei simboli e dei rituali.
Per chiudere, mi viene in mente la conclusione del volume a fumetti di Staino sull'eccidio del Montemaggio: la storia si conclude con una sequenza di spari, dei quali si leggono soltanto i "Bam", i quali spari colpiscono l'aquila fascista al centro del tricolore. L'aquila che tiene il fascio viene colpita, e colpo dopo colpo cade. La sensazione è che venga rimossa come se fosse stata un'aggiunta, un'appendice come di sporcizia, o forse di malattia. Alla fine rimane solo il tricolore. E' una metafora splendida, se solo tutto fosse andato in quel modo. Invece no. Anche se sembra assurdo, c'è chi rivorrebbe quell'aquila.
Come disse il Sardelli: Il futuro era ieri. Pazienza. Solo che dispiace per chi ci ha creduto e si è sacrificato.

mercoledì 8 aprile 2009

CITAZIONE DEL GIORNO

"Il giornalismo oggettivo è una delle ragioni principali per cui ai politici americani è stato permesso di essere tanto corrotti e tanto a lungo. Non si può essere oggettivi su Nixon."
Hunter S. Thompson. Non so pèerchè ma mi fa venire in mente Il Giornale.

domenica 8 marzo 2009

Da Repubblica di oggi:

"I numeri dicono che nel 2003 il Tg1 ha dato notizie di cronaca nera per l'11% del suo tempo, il 19,4% nel 2006, il 23% nel 2007. Il Tg2 è passato dal 9,7% del 2003 al 21% del 2006, fino ad arrivare nel 2007, al 25,4%. Il Tg3 è la testata che registra il minore aumento, passando dall'11,5% del 2003 al 18,6% del 2007. Sulle reti Mediaset l'aumento è maggiore: per Studio Aperto, la percentuale è stata pari al 30,2 della durata totale dei tg del 2007, contro il 12,6% del 2003. Il Tg5 è passato dal 10,8% al 25,7%. Il Tg4, malgrado il raddoppio negli ultimi 5 anni, ha avuto l'incremento minore, dal 10,2% del 2003 al 20,9% del 2007."

Ma serviva davvero qualcuno che lo misurasse?

mercoledì 25 febbraio 2009

METEO SARDEGNA

"Questo tempo fa Cappellacci"

(E' un modo di dire senese, per quanto ne so. Lo so, la cazzata mi è arrivata in ritardo)

lunedì 23 febbraio 2009

QUADROPHENIA


Tra le mie numerose qualità vorrei citare quella di arrivare per ultimo in diversi campi, ma soprattutto in ciò che concerne musica e cinema. Perciò vorrei buttare là due parole su un film abbastanza recente (1979) e poco noto, Quadrophenia, con il preciso intento di dire cose che chi l’ha visto credo capisca da solo, mentre, a chi non l’ha visto, spero di rovinargliene la visione.
Quadrophenia racconta, centrando la narrazione su Jim, un ragazzo inglese, della cosiddetta battaglia di Brighton, quando le due “gang” giovanili, Mods e Rockers, dettero vita ad uno scontro piuttosto violento nella piccola località marittima che ha dato il nome all’episodio.
Il film coinvolge perché, almeno a me, non capita spesso di vedere messo nero su bianco un certo modo di rapportarsi tra ragazzi, con botta e risposta molto realistici, umorismo spontaneo e immediato. Sembra davvero esserci poco di scritto nei dialoghi, o almeno così pare, e si ha spesso la sensazione di trovarsi di fronte ad uno scambio vero, fino, a tratti, ad avere la sensazione più del documentario che del film. Rimane comunque sempre viva, fino all’ultimo, la spontanea simpatia che si prova per i personaggi, tutti carismatici, ben caratterizzati, acuti e con un bellissimo senso dell’umorismo. Geniali come solo le persone vere sanno essere quando affrontano ogni difficoltà con una battuta sempre pronta.
Dal film non si deduce niente di specifico del modo di pensare dei Rockers, poiché al centro della narrazione ci sono, appunto, i Mods, ma sembra che le differenze tra i due gruppi consistano in fattori sostanzialmente estetici: completi classici e scarpe di vernice con giubbotto sul verde tipo rude-boys per i Mods, che si spostavano esclusivamente su Vespa e Lambretta, e giubbotti di pelle, stivali, jeans e capelloni per i Rockers, più sporchi e più americani, che si spostavano su grosse motociclette.
Ora, è possibile che Mods e Rockers fossero (tra) le prime forme relativamente autocoscienti e organizzate di controculture o sottoculture giovanili. I ragazzi sono tutti molto giovani ma sembra che non vadano più a scuola, almeno a giudicare dai protagonisti che comunque lavorano, in genere in piccoli posti, tipo cassiera, fattorino, roba così. A monte, c’è un conflitto con le famiglie, latente o esplicito, e c’è anche volontà di contestazione delle istituzioni e del potere, anche se generica e non politicizzata. Da notare è che i protagonisti non provengono da famiglie povere, i genitori non sono ricchi borghesi ma sembrano piuttosto impiegati e comunque non disagiati economicamente: Jim possiede una camera tutta sua, una lambretta di proprietà, e benché faccia il fattorino non sembrano mancargli soldi per vizi vari, soprattutto vestiti e droghe, che nello specifico sono pasticche, probabilmente amfetamine. Il protagonista non è quindi il prodotto di una condizione di particolare disagio, almeno non economico. I quadretti familiari abbozzati dalla regia puntano il dito, semmai, sulla piattezza televisiva di una vita perfettamente inquadrata e un po’ triste. La ribellione di Jim si scaglia sempre verso i rappresentanti principali di questa normalità insostenibile, genitori e datori di lavoro, la cui autorità è vissuta sempre come oppressiva e penalizzante per i desideri e la realizzazione individuali.
Siamo, mi pare, nel ’64, ed il ’68 sta per arrivare. I Mods, forse, sono stati i primi figli del baby boom (prima degli Hippies) ad incazzarsi contro la società che li ha prodotti, ma senza una coscienza chiara di ciò a cui andare contro, del come farlo, e soprattutto del cosa fare in alternativa. Sono stati, forse, la prima generazione cui sono stati dati tutti i mezzi materiali necessari al successo ed al benessere, a raggiungere la felicità, senza però che di questa felicità venisse loro data una dimostrazione concreta. Una volta sperimentata in famiglia l’alienazione e la solitudine che il benessere materiale si porta dietro (la TV insegna) Jim, come molti suoi coetanei, ha cercato un’altra comunità di appartenenza in cui il piacere e la felicità scorressero liberamente (“We are mods We are mods We are We are We are mods…”).
La battaglia di Brighton, sequenze di immagini davvero spettacolari in cui non c’è un dettaglio che dia la sensazione di una carnevalata, consiste di una serie di scontri itineranti tra i due gruppi, dalla spiaggia fino alle vie della piccola cittadina, dove alla fine alcuni autobus della Polizia riescono ad accerchiare i ragazzi che nel frattempo stavano devastando un po’ di tutto. Molti, tra cui Jim, vengono arrestati e portati via, incluso il personaggio più influente, il più fico, il più tosto, il più Mod: Asso, magistralmente interpretato dalla rigidità scenica di Sting. Seguono processo e rottura definitiva di Jim con la famiglia. Nel frattempo il protagonista ha intrecciato un rapporto con la ragazza più carina del gruppo (hanno scopato in un vicolo durante gli scontri), di cui era innamorato da tempo, e che però gli viene soffiata dal suo migliore amico. Deluso da tutto e da tutti, Jim si è licenziato e non ha testa che per le pasticche, che ingurgita a nastro, insieme a un bel po’ d’alcool. Sta svalvolando e infatti comincia a vivere per strada finché, vagabondando, non trova posteggiata una Vespa che riconoscere essere quella di Asso. Aguzzando lo sguardo, Jim vede Asso nel pieno svolgimento delle sue funzioni: è un facchino d’albergo che trasporta valigioni su valigioni agli ordini di fior di quattrinai e di odiosi superiori, che il nostro Sting palesemente odia ma ai quali, nonostante gli sguardi in cagnesco, non può che obbedire servilmente. E’ il momento decisivo. Bisogna infatti considerare che poco prima, Jim aveva detto alla ragazza, la quale lo aveva scaricato poiché secondo lei stava diventando un pazzo, testualmente: “Non so che mi succede… è che mi sembra tutto sbagliato tranne quello che è successo a Brighton e il processo.”
(Per la cronaca: il processo era stato una specie di farsa chiusasi con una multa che Sting aveva pagato con enorme strafottenza ad un vecchio parruccone di giudice.)
Il mondo di Jim crolla in pezzi. Il suo eroe, il più fico, il più duro (da ridere come tiene testa a tre o quattro poliziotti da solo, incazzato come nessun’altro), il più Mod, è sostanzialmente un servo e tutta la “modezza” del suo stile di vita non cambia questo dato di fatto. Un Jimmy a pezzi ruba la Vespa del suo mito e parte per una folle e decisiva corsa verso gli scogli, a tutto gas. Il finale non ve lo sputtano.

Ho omesso un passaggio del film, praticamente all’inizio, quando Jimmy incontra un suo vecchio compagno di scuola. E’ un personaggio importantissimo per il film anche se appare in due/tre scene soltanto. Jimmy lo incontra in circostanze particolari, senza che i due si vedano, e non si rende immediatamente conto che è abbigliato come un Rocker. Ma la peculiarità del personaggio è appunto quella di non essere un Rocker. “Sono tutte stronzate”, gli dice in sostanza, “siamo tutti uguali e Mods e Rockers sono solo cose fatte per dividerci.” Jimmy ribatte che non è vero e che lui si sente davvero diverso e che l’essere un mod è un modo per affermare questa differenza. Ma ecco che l’altro risponde con un’uscita imprevedibile e geniale: “Io sono entrato nell’esercito per essere diverso.”
Rivediamo il personaggio soltanto altre due volte: una quando Jimmy è nel garage di casa sua e l’amico lo va a trovare in moto: vedendo la moto, Jimmy teme un agguato dei Rocker e lo riceve impugnando una chiave inglese. Il tizio invece è gentile e gli attacca discorso sulla Lambretta, offrendosi di aiutarlo a risolvere un problema (i mods saranno anche più fichi, ma sui motori lo scettro appartiene ai Rockers). Nonostante tutto questo, Jimmy rimane diffidente. Rivedremo il tizio solo quando sarà pestato a sangue, mentre supplica un Jimmy inerme di aiutarlo mentre altri mods gli stanno letteralmente spaccando la faccia. A questo punto, Jimmy si limita a scappare urlando che non lo conosce.
Considero fondamentale l’uscita del tizio sull’esercito: i sodati portano infatti la divisa, che li divide dagli altri soldati e forse, soprattutto, dai non soldati, che però è chiamata anche uniforme, perché infatti li uniforma tra loro. A parte i giochi di parole: un pezzo di ciò che sta dietro agli “stili”, che siano di moda o non di moda, è proprio il bisogno di una comunità di cui sentirsi parte, con cui stabilire legami forti e disinteressati. Forse questa tendenza è più forte nella fase in cui una persona comincia ad emanciparsi dalla famiglia e/o dalla comunità di provenienza, per poi indebolirsi quando le sue energie cominciano ad essere assorbite dal lavoro e/o dalla famiglia. Ma non è detto. Certo è che il senso di appartenenza stimolato dai cori, dai colori e dalle uniformi, è qualcosa di potente, capace di parlare, spesso, alle zone più profonde e “rettili” del nostro cervello di umani e di farlo come nessuna parola e nessun ragionamento, spesso, sono in grado di fare. Forse è un po’ questa la ragione per la quale, a voler indagare razionalmente, le differenze sostanziali tra Mods e Rockers sono difficili da comprendere. Jimmy stesso capisce che la solidarietà tra Mods si esprime al massimo quando c’è da picchiarsi contro i Rockers, e questa solidarietà coincide con un principio da rappresaglia: “Voi avete pestato uno di noi e noi pestiamo uno di voi”: chi, come, dove, quando, diventano fatti irrilevanti, contano solo i colori, l’algebra elementare della faida, e, soprattutto, il legame che scatta e si rafforza in mezzo a tutto questo. Non è un caso che la ragazza di cui Jimmy è innamorato lo scarichi per il suo migliore amico, e che nessuno dei due si faccia grossi scrupoli: entrambi ritengono che Jimmy stia esagerando con le droghe, con le feste, sempre nel mezzo, sempre a fare casino. Mentre gli altri sembrano, in certe situazioni, saper mantenere una certa distanza dall’essere mods, riuscendo in qualche modo a dimetterne le vesti che, appunto, in fondo sono soltanto vesti, Jimmy sembra invece “crederci”, sembra sentire che c’è qualcosa di grosso, di importante ed eterno che li riguarda e li coinvolge tutti attraverso il loro essere mods.
Dietro a questa percezione che ha Jimmy del loro essere Mods c’è una tendenza alla ribellione contro una società gerarchizzata ed oppressiva, e questo è chiaro. Eppure l’essere Mods non offre una vera via di fuga a tutto questo, poiché anche il più mod di tutti, Sting, in fondo è solo uno che fa un lavoro da schiavo, che prende soltanto ordini da persone che odia, ma del cui denaro ha tuttavia bisogno.

La moralina che se ne può trarre, che farebbe felice ogni buon padre di famiglia, è che dalla vita non si scappa e prima o poi i conti con le necessità si fanno tutti, nessuno escluso. In effetti è qui il nodo nevralgico del discorso che volevo fare. I Mods, come gli Emo, i Punk, i Figli dei fiori, sono forme di aggregazione simili, anche se diverse nei contenuti e nei principi base. Tutte hanno una vena contestataria verso qualche istituzione (o contro tutte), e quindi un intrinseco valore politico. In Italia, per esempio, la politica ha aggregato spesso, soprattutto i giovani, in queste forme: fascisti e comunisti, soprattutto da giovani, lo sono tutti o quasi, anche se spesso più per gonfiare il petto che altro. La chiave è sentirsi inclusi, parte di qualcosa che va verso qualcosa, ma cosa e dove, spesso, sono questioni secondarie e non espresse nemmeno dai diretti interessati. Gli Ultras sono un altro esempio di quanto possa essere vuota e pretestuosa un’identità collettiva (appartenenza, fedeltà ai colori cittadini) che si pretende essere il presupposto dello scontro, mentre invece ne è il prodotto, poiché senza scontro, come senza cerimonia, senza culto dei morti, senza canzoni, quell’identità non esisterebbe affatto.


Le identità collettive sono un’arma potente, qualcosa con cui, soprattutto di questi tempi, bisogna fare i conti. Nel caso di Jimmy rimango ambivalente: da un lato ammiro il potenziale che i mods hanno, e la cui carica violenta e distruttiva non è che un aspetto tra gli altri. Dall'altro però ho la sensazione che tutta quell'energia sia sprecata. Jimmy contesta della società quello, grosso modo, che contesterei io, solo che non se ne rende conto. Un posto di merda e una vita destinata alla tristezza e alla solitudine del piccolo agio, quale quella ricevuta in eredità da lui va stretta. Jimmy però non ha cercato un modo di vivere alternativo e conforme ai suoi ideali e non l'ha fatto, credo, perché neanche sapeva quali fossero i suoi ideali: sapeva che era un mod, che aveva dei nemici, degli amici, e che la vita a cui era destinato non gli andava bene. Quello che mi viene da criticare a questi pseudomovimenti è esattamente questo: hanno la capacità di reagire, di sentire che ci sono cose che non vanno, ma non elaborano mai nulla, tutto si perde nei contorni fumosi della libertà di gusti, di pensiero, di espressione, di "stili di vita" ("Quadrophenia: A Way of Life"). Da praticare, ovviamente, solo nel tempo libero, perché quando si lavora si lavora, e bisogna obbedire. E più si è costretti a obbedire, più ci si incazza fuori e più si idealizzano quelle poche finestre di comunanza e solidarietà, affinità, gioia, che si provano insieme agli altri. Salvo poi trovarsi incazzati, in mezzo a qualche macello, senza aver capito bene come tutto sia cominciato e come sia stato possibile arrivare fin là. Si, la sensazione di Jimmy, alla fine, credo sia più o meno questa. Ed è esattamente il tipo di sensazione che non voglio (più) provare.

giovedì 12 febbraio 2009

CITAZIONE DEL GIORNO

"Io ho il diritto di scegliere la mia morte per il bene degli altri. Guarda caso, è quello che mi ha sempre insegnato la morale, e non solo quella laica, ma anche quella delle religioni, è quello che mi hanno insegnato da piccolo, che Pietro Micca ha fatto bene a dare fuoco alle polveri per salvare tutti i torinesi, che Salvo D'Acquisto ha fatto bene ad accusarsi di un crimine non commesso, andando incontro alla fucilazione, per salvare un intero paese, che è eroe chi si strappa la lingua e accetta la morte sicura per non tradire e mandare a morte i compagni, che è santo chi accetta l'inevitabile lebbra per baciare le piaghe al lebbroso. E dopo che mi avete insegnato tutto questo non volete che io sottoscriva alla sospensione di una vita sospesa per amore delle persone che amo? Ma dove è finita la morale - e quella eroica, e quella che mi avete insegnato, che caratterizza la santità?"

Umberto Eco, il cui articolo non condivido del tutto, ma mi sembra che in questo c'abbia ragione.