martedì 5 febbraio 2008

PREEEEGHIERA!

"Questo è il mio blog...ce ne sono molti come lui ma questo è il mio"

Salve a tutti,
adesso faccio ufficialmente parte dell'esercito di sfigati che possono condividere con gli altri il cazzo che hanno da dire. Come i fucili dei soldati, fabbricati anch'essi in serie, il mio blog è modellato su uno standard comune a milioni di persone. Non solo di forme, ma anche di contenuti: spesso, l'unica cosa che ci rende originali è soltanto il nome, di nuovo, come i fucili dei soldati in Full Metal Jacket a cui vengono attribuiti nomi di fiche, pardon, di donne.

Nonostante ciò, ecco alcuni buoni motivi per questo blog:
- non ho trovato modo migliore per dirvi le cazzate che comunque vi avrei detto anche a voce.
- ero geloso del blog del Tarro.
- così non devo per forza scrivere mail quando ho voglia di dire cose di pubblico dominio/interesse e utilità.
Quindi, siamo a Parigi, io e Ale, e da qua le prospettive cambiano, orcoddìo, se cambiano, come disse il tizio che si arrampicò sulla torre Eiffel per buttarsi.
Mano a mano troverete aggiornamenti, saluti, trojan (o troje?), cazzi e mazzi.

Un normale sabato sera nella terra dei cachi

Qui di seguito il racconto di un mio fine-serata di fine-estate.


Ore 4:00

Riporto il guercio a casa
–Difatti®
[1]- Cazzoholasciatolechiaviinmacchinadimanu – difatti - tiscocciaportarmida Manusenonèunproblema – difatti - almenoleprendoenonsveglioimiei- difatti-
Certo.
Va bene.
L’asciutto e sobrio asceta che è in me lo porta a risolvere la situazione chiavi. Con l’aiuto di Paolo Conte.

Ore 4:20

La situazione chiavi è risolta. L’amico paziente ed affidabile che è in me lo riporta a casa. (Coscienzioso! Ecco la parola!)

Ore 4:30

Il fluido e sobrio pilota avventuriero del sabato sera pensa che la sua ragazza non è in casa perciò non ha motivo di tornarci…meglio un bar, un caffè e una pasta, una storia…una macchina…piantata contro lo spigolo della colonna di un cancello.

Ore 4:32

Il motore è ancora acceso ma dentro la macchina non si vede nessuno. Airbag saltato. Quattro frecce accese. Magari è sceso per chiedere aiuto e telefonare. Starà bene. Il curioso osservatore notturno sorpassa il veicolo lentamente.

Ore 4:32:27

Il cittadino responsabile torna indietro per vederci chiaro. Dentro l’auto c’è una persona sdraiata. Dentro di me non c’è un briciolo della curiosità che mi sarei aspettato. Né del coraggio. Solo la paura di vedere una cosa orribile. E’ una ragazza. Per fortuna si muove. Per fortuna una guardia giurata uscita da nonsoddove chiama il 118. Per fortuna il guardiagiurata è un ragazzo sulla trentina con la divisa piena di pettorali. Purtroppo non ha la minima intenzione di avvicinarsi all’auto. Apro io lo sportello. La tipa mi guarda, semicosciente. Non aveva cintura e ha quasi sfondato il parabrezza, però dal lato passeggeri (“Com’è possibile?” Mi chiedo; “Chissenefrega”, mi rispondo). Giro la chiave e spengo la macchina, il fumo sta penetrando l’abitacolo da sotto il volante (“’ccòddìo”). Aiuto la ragazza a scendere e a sedersi, appoggiata alla macchina.

Ore 4:35

Lei: “’hiamate la mì ami’a Serena…”
Tizio: “Dacci il numero”
Lei: “Mi fa male la spà-lllà…mi sò rotta la spà-lllà”
Tizio: “Si va bene…dacci il numero della tu amica”
Lei: “tre…quattro…nove…zero…sei…nove…uno…nove”
Mancano numeri. Perplessità tra me ed il tizio, un uomo grasso sui cinquanta con il pizzetto che starnazza come una mamma oca (“Dai cicia su…stai bona. Si chiama casa…se i tua li avverte la polizia è peggio...o il pronto soccorso…gli viene un colpo…suuu…daiii…presto presto”)
Lei: “tre…quattro…nove…zero…sei…nove…uno…nove…nove…sei
[2]
Ora si. Numero completo, ma Serena non risponde.
Di ambulanza e caramba nessuna traccia.

Ore 4:42

Nel frattempo si è fermato un tizio, grosso modo la mia età, magro, elegante, tirato, laziale. Un tamarro. Fa subito capire che non ha intenzione di fare niente, né di occuparsi della tipa: è interessato solo ed esclusivamente ai dettagli tecnici dell’incidente.
“Qua ce stà un pezzo de muro” , dice indicando la ruota dietro; “sicché c’era ancora trazione al momento dell’urto…vor dì che andava”.
Intanto io la guardia giurata e mamma oca stiamo a capannello intorno alla ragazza:
Lei: “Aiutami a prènde il telefono…quell’altro in borsa”
Io: “Non c’è un altro telefono c’è solo questo”
Lei: “Mi sò rotta la caviglia”
Ancora nessuna traccia dell’ambulanza. Ovviamente neanche dei carabinieri.

Ore 4:50

Lei: “Mi fa male la spalla e la caviglia”
Cerco di dirle che andrà tutto bene e che non si è fatta niente di grave, ma non vuole saperne:
Lei: “MI FA MALE LA SPALLA E LA CAVIGLIA!”
Ok, vai in culo (naturalmente lo penso e basta, via!, non le avrei mai detto niente di male).
Mamma oca richiama il 118
M.O.: “Presto fate presto la ragazza sta male”
Ha un tono di voce lacrimoso, da libro cuore, mentre io sto covando un odio omicida verso quella stronza ubriaca fradicia che sbraita che vuole Serena
Lei: “VOOGLIO SEREENA”
M.O.: “Serena un c’è tesoro…un risponde…aspetta e stai bona dai”
Ambulanza e carabiniè ancora niente.

Ore 4:55

Arriva l’Ambulanza. I portantini infermieri o come cazzo si chiamano scendono con l’aria di essere appena scesi da un aereo e di vedere un paesaggio sconosciuto per la prima volta. Bahamas. Hawaii. La luna, magari.
Con calma, molta calma, iniziano a tamponare il sangue che le esce dalla testa, con somma gioia di mamma oca.
Arriva anche la stradale. Scende il prototipo di poliziotto meridionale della stradale, il quale prima constata l’assenza dei colleghi rosso/neri e subito dopo guarda me e l’altro tipo:
“Voi tre eravate insieme” riferendosi anche a Marta, l’incidentata. Il punto è che –e lo dico senza la minima acrimonia verso nessuno sbirro (del cazzo)- non l’ha chiesto, l’ha dichiarato: come se, fino a prova contraria, chiunque fosse lì dovesse essere coinvolto. Il sospetto per lo sbirro deve essere come la curiosità per lo scienziato.
“Noi non c’entriamo… ci siamo fermati… prima io poi lui…blah blah bl a h …”
Blah.
Caramba ancora non pervenuti.

Ore 5:00

Serena non c’è però chissaccome c’è Simona, che abita nel palazzo dietro il cancello sul quale si è schiantata l’amica. Chiama Serena, che sta per arrivare. Cazzo che bello cazzo che bello. Di meno bello c’è che ora Marta è immobilizzata con tanto di collare sulla barella e mentre la stanno caricando inizia forse a capire qualcosa e urla, perché non può muoversi e ha paura. Nonostante la sbornia catastrofica, infatti, una parte del suo cervello, quella più animale forse, ricomincia a funzionare ad un livello molto elementare, e le suggerisce che ci sono diverse cose su cui fare mente locale, ma che intanto può cominciare a farsela sotto anche per il solo fatto di non capire perché è immobilizzata e perché la portano via e perché la macchina è distrutta e chi è questa gente e c’è la polizia ma allora è graveSEEEEREEEE!!!!!!
Si, è arrivata Serena: lei la accompagnerà in ambulanza, lei racconterà ai suoi e a lei stessa, l’indomani, cosa è successo, lei le dirà che ha avuto tanta paura, lei la giustificherà ecc, ecc…
Dei carambi ancora nessuna traccia.

Ore 5:02

Proprio mentre la caricano in ambulanza ecco che arrivano, signore e signori, I CARABINIERI. Ahhh, i nostri eroi.
“Cazzochebbotta”
Esclama il primo carobicchiere sceso, che neanche guarda la tizia imbarellata. Io medito se mettermi a impastare una pizza o a suonare il mandolino e, comunque sia, avvio le operazioni di toglimento dai coglioni. Gli stradali spiegano ai colleghi che noi non c’entriamo niente e per questo io li ringrazio ancora. Il tamarro ripete le argute osservazioni tecniche anche con i rossoneri. Aggiunge che il vetro quasi infranto dal lato passeggero suggerirebbe la presenza un'altra persona a bordo, magari scappata. Rimango a bocca aperta. E’ veramente un cretino. Ma si sa, le cronache Italiane sono sempre piene di misteri, destinati ai retroscena delle riviste da digestione pesante, che si sfogliano sfiatando mefitici rutti domenicali. O in sala d’attesa. O sotto l'ombrellone. Magari ne parla a Porta a Porta l’ommemmerda. Chissà. Comunque lo saluto:
“Ciao, piacere…?”
“Nicola”
“Beh, Nicola io sono Filippo e spero (che tu muo…) di rivederti (ma anche no) in circostanze migliori. Vado a nanna”
“Ah no, io me vedo tutto fino alla fine” mi dice, accendendosi la terza o quarta sigaretta.
Lui deve essere uno di quelli, e mi sa che sono tanti, che confondono la pleis-tescion (o prei sexsion, non so bene come si scrive) con la televisione. E la televisione con la vita. E la vita con Lucignolo. A proposito, vado a guardare due fiche alla tele anch’io che mi sono rotto i coglioni (e poi divento moralista).


[1] Difatti ®: all rights reserved to Guercio HC.
[2] Chi mi conosce lo sa: il numero è il mio. Licenza poetica…