lunedì 31 marzo 2008

ULTIME NOTIZIE!INCREDIBILE!

IN SEGNO DI POTESTA CONTO LA REPRESSIONE CINESE IN TIBET RICHARD GERE HA PROCLAMATO, NONOSTANTE GLI SIA STATO SCONSIGLIATO DA PIU' PARTI, UNO SCIOPERO AD OLTRANZA DEI PUTTANIERI!REAZIONI SCONCERTATE E SOLIDARIETA' DA TUTTA HOLLIWOOD (E ANCHE DA ME)

domenica 30 marzo 2008

POST-ILLA A: IL FASCISMO E IL BRUTTO TEMPO

Gira che ti rigira, riflettendo sulla questione di quei poteri che dettano le regole per accedere alle risorse e per vivere in società, che includono ed escludono in base a forme di appartenenza religiose, politiche ecc..., che richiedono una fede o comunque gli attributi esteriori di un credo per lasciar vivere in società, ecco che in Wikipedia mi imbatto, alla voce Licio Gelli, in questa cosa che parla della Massoneria.

Allora: quella che segue è la relazione conclusiva scritta e letta nel 1983 dopo due anni di lavori della commisione parlamentare che doveva indagare sulla P2 e, fondamentalmente, sul ruolo di Licio Gelli nella politica italiana, in pratica, dal dopoguerra in poi.


« L'esame degli avvenimenti ed i collegamenti che tra essi è possibile instaurare sulla scorta delle conoscenze in nostro possesso portano infatti a due conclusioni che la Commissione ritiene di poter sottoporre all'esame del Parlamento.

La prima è in ordine all'ampiezza ed alla gravità del fenomeno che coinvolge, ad ogni livello di responsabilità, gli aspetti più qualificati della vita nazionale. Abbiamo infatti riscontrato che la Loggia P2 entra come elemento di peso decisivo in vicende finanziarie, quella Sindona e quella Calvi, che hanno interessato il mondo economico italiano in modo determinante. [...]

La seconda conclusione alla quale siamo pervenuti è che in questa vasta e complessa operazione può essere riconosciuto un disegno generale di innegabile valore politico; un disegno cioè che non solo ha in se stesso intrinsecamente valore politico - ed altrimenti non potrebbe essere, per il livello al quale si pone - ma risponde, nella sua genesi come nelle sue finalità ultime, a criteri obiettivamente politici.

Le due conclusioni alle quali siamo pervenuti ci pongono pertanto di fronte ad un ultimo concludente interrogativo: è ragionevole chiedersi se non esista sproporzione tra l'operazione complessiva ed il personaggio che di essa appare interprete principale. È questa una sorta di quadratura del cerchio tra l'uomo in sé considerato ed il frutto della sua attività, che ci mostra come la vera sproporzione stia non nel comparare il fenomeno della Loggia P2 a Licio Gelli, storicamente considerato, ma nel riportarlo ad un solo individuo, nell'interpretare il disegno che ad esso è sotteso, e la sua completa e dettagliata attuazione, ad una sola mente.

Abbiamo visto come Licio Gelli si sia valso di una tecnica di approccio strumentale rispetto a tutto ciò che ha avvicinato nel corso della sua carriera. Strumentale è il suo rapporto con la massoneria, strumentale è il suo rapporto con gli ambienti militari, strumentale il suo rapporto con gli ambienti eversivi, strumentale insomma è il contatto che egli stabilisce con uomini ed istituzioni con i quali entra in contatto, perché strumentale al massimo è la filosofia di fondo che si cela al fondo della concezione politica del controllo, che tutto usa ed a nessuno risponde se non a se stesso, contrapposto al governo che esercita il potere, ma è al contempo al servizio di chi vi è sottoposto.

Ma allora, se tutto ciò deve avere un rinvenibile significato, questo altro non può essere che quello di riconoscere che chi tutto strumentalizza, in realtà è egli stesso strumento. Questa infatti è nella logica della sua concezione teorica e della sua pratica costruzione la Loggia Propaganda 2: uno strumento neutro di intervento per operazioni di controllo e di condizionamento. »


La prima sensazione che si ha leggendo questa cosa è che chi scrive in sostanza non ha capito un emerito cazzo di quello che è successo, almeno nello specifico, e questo, buttandola sul filosofico, mi va bene per dire la mia.
Ora, io non so niente della Massoneria se non che, almeno ai miei occhi, rappresenta l'essenza di un tipo particolare di potere: una fede che non si capisce mai in checcazzo consista, fatta di convinzioni incomprensibili, inspiegabili e imprecisate e che forse, più che altro, si risolve in un pretesto per creare un reticolo intricatissimo di amicizie, collusioni, scambi, che non hanno un fine unico ed univoco, ma che permettono a chi ne fa parte, sostanzialmente, di farsi gli stracazzacci suoi, spesso o sempre a danno della maggior parte delle persone.

Quindi, fondamentalmente, ciò equivale a dire che la Massoneria è ciò che diventa il potere politico quando, forse sempre, non è controllato dal popolo che lo subisce; in questi casi, il potere distribuisce come crede le risorse, i diritti o la violenza, in base ai criteri che ritiene più oppurtuni, richiedendo in cambio, alle persone, varie forme di sottomissione. Se dunque, in uno stato democratico, il potere politico non risponde più alle finalità che ad esso impongono i cittadini ad esso sottoposti, cessa di essere governo e diviene controllo.
Il sistema di controllo cerca di occupare più posizioni possibili dentro lo stato per cercare di usare le risorse a vantaggio dei suoi membri, quali che siano i loro scopi (fottere vallette, arricchirsi, distribuire torroncini, fare le gite in aereo, ecc...)
Oggi come oggi, secondo me, questo è il funzionamento di gran parte dei partiti politici.

Al posto della Massoneria, infatti, abbiamo un esempio fulgido di questo potere nichilista, fondato su principi e valori abbastanza incomprensibili alle persone normali, ma nondimeno presente e concretamente attivo nel gestire la vita delle persone; a questo punto, mi viene in mente Corrado Guzzanti:

"La casa della Libertà: facciamo un pò come cazzo ci pare".



E' un potere nichilista poiché non segue principi precisi, non ha una vera ispirazione di fondo se non il blandire, il fare leva sull'opportunismo, sulla strumentalità come modus vivendi, su un credo oscenamente ostentato come unico mezzo per lavorare e guadagnare in pace, come fonte di redenzione e di salvezza. Che poi l'affiliazione richieda questo oppure quel credo, l'indossare curiosi ornamenti, cappucci strani, fare qualche tessera di partito, dedicarsi a pratiche sadomasochistiche, oppure kredere (cosa?), obbedire (A chi? No, a chi obbedire si sa) e kombattere (Chi? Un pò tutti), la cosa, forse, è secondaria. Ciò che conta è che per tirare a campare bisogna sempre chiedere l'aiutino al conduttore.




IL FASCISMO E IL BRUTTO TEMPO

Mi è tornata in mente un frase che ha scritto Eco in una bustina di Minerva, non ricordo a proposito di cosa; era un'osservazione sui suoi genitori e sul loro rapporto con il regime fascista, sotto il quale lo scrittore è nato. Eco scrive che i suoi genitori considerarono il fascismo, insieme a moltre altre persone, come un fenomeno meteorologico. Credo che con questa metafora intendesse assimilarlo, cioè, ad un fatto dirompente ma necessariamente passeggero, al quale volenti o nolenti occorre adattarsi, certi e fiduciosi, prima o poi, di uscirne fuori.

Io all'epoca del fascismo non c'ero, come molti altri. Ne ho solo letto nei libri, e poco ne ho sentito parlare in modo diretto, perchè purtroppo ho perso i nonni quando non avevo sufficiente ragione ed interesse per parlarne, e quando ne ho avuti, le nonne rimaste non avevano loro sufficiente ragione nè interesse per farlo. Come molti anziani, più che il fascismo, sembrano rammentare la guerra, ed anch'essa come un fenomeno inevitabile quanto passaggero, qualcosa da farci i conti per forza, ma la cui origine sta al di fuori della volontà delle persone, che spesso, più che altro, la subiscono.
La sensazione che ho tratto dai libri e dai racconti, e che non vuole essere neanche un opinione ben formulata ma piuttosto la sintesi di alcuni pensieri rammendati insieme, è che il regime fascista, come tutti i regimi politici più o meno totalitari, avesse una faccia duplice: da un lato reprimeva chi si ribellava o non condivideva le sue istanze, con violenza, sadismo e ferocia, e gli esempi, qualunque cosa pensi quel mentecatto di Berlusconi, sono migliaia; dall'altro lato, come ogni regime, premiava, in modo più o meno consistente, i sui adepti, più o meno fedeli.
Il fascismo fu attivo nello sviluppare un'amministrazione pubblica, il cui accesso era ovviamente vincolato all'adesione al partito. Le istituzioni educative (tranne, almeno in parte, le Università, di cui già si capiva l'inutilità ai fini dello stabilire un'egemonia culturale, che più che altro passa, oggi come allora, attraverso i mass-media) erano totalmente permeate dell'ideologia del credo fascista. Il fascio era il segno che occorreva portare per muversi almeno nella maggior parte delle zone di un ambiente sociale totalmente impregnato dalla sua ideologia. A seconda di quanto in alto uno volesse arrivare, era richiesta e quindi premiata un'adesione alle idee ed ai valori che, come nel caso anche della Germania nazista o della Russia sovietica, poteva essere anche un adesione molto farisaica e falsa. Erano quindi sì premiati lo zelo legato all'ostentazione, spesso indecente, di una fede, ma è vero anche che in molti casi la massima adesione consisteva, eventualmente, alla partecipazione entusiastica alle artificiose cerimonie organizzate dalla sapiente mente propagandistica del regime, un adesione popolare scandita al ritmo di marce e marcette, segnata dallo sventolìo di bandiere e bandierine, generalmente rigida e, sopratutto a posteriori, grottesca.

Più recentemente, il problema che storiograficamente e politicamente si è posto è stata la scoperta, l'ammissione o il riconoscimento del ruolo attivo che molti Italiani hanno avuto nel regime. Oppure, si può dire, se non c'è stato consenso attivo, di certo non c'è stata opposizione. In genere si è spiegato questa mancanza di opposizione con un deficit di coscienza politica democratica, poiché il processo di inclusione delle masse nella vita dello Stato si è realizzato compiutamente soltanto dopo la guerra, con la Costituzione e la Repubblica. Ma più ancora, forse, nel voler prendere le distanze dalla seconda guerra mondiale come fonte dei mali assoluti, e dal fascismo come una delle sue cause scatenanti, si è dimenticato o voluto dimenticare che non molti si sono opposti ad esso. Ma secondo me la vera domanda non è tanto se la gente ha aderito e quanta gente ha aderito, quanto invece come e perché, quella che lo ha fatto, lo ha fatto.

Il problema infatti non è solo che non veniva lasciata scelta, in senso coercitivo. C'era innanzitutto una macchina di indottrinamento che permeava le istituzioni, soprattutto quelle responsabili dell'educazione; mi ricordo la storia di un'anziana senese che ricordava come da ragazzina le suorine della scuola, sempre tanto buone loro, insegnavano alle alunne che il Duce era l'uomo della provvidenza che avrebbe salvato l'Italia dai comunisti; dal loro punto di vista era vero, tra l'altro, perchè se davvero i comunisti e i socialisti avesero fatto come credevano, la pacchia dei preti era finita, AL LAVORO TUTTI!
Oltre alla violenza, alla propaganda ed alla dottrina, non c'era scelta nel senso che a meno che uno non avesse voluto rischiare la vita, per lavorare e mandare avanti la baracca, era costretto a dimostrare obbedienza e fede. Al limite, uno poteva farsi i cazzi suoi, forse, come Nuto de La luna e i falò di Pavese, ma non tutti e ovunque. Il problema quindi non è tanto, o soltanto, prendere coscienza della repressione violenta operata dal regime, ma anche di ciò che esso ha concesso in cambio dell'obbedienza. In effetti oggi sembra che non si possa più andare in giro a dire che sotto il fascismo tutto andava male -lo sanno tutti, si stava meglio quando si stava peggio- ma forse bisognerebbe andare in giro a dire che un popolo che si sottomette al potente di turno accettando una gerarchia di idee e di valori, qualunque essa sia, e sapendo di farlo per riuscire a campare in modo più o meno decente, è un popolo vile e indegno. Bisognerebbe condannare, più che i Repubblichini -se uno è scemo è scemo, non è che si può andare ad accorciare il cazzo a tutti i cannibali dal Congo- chi si è limitato ad aprire l'ombrello mentre pioveva. Avrebbe dovuto invece andare a prendere Dio per le corna per obbligarlo a far smettere di piovere?
Questo non lo so; però credo che se c'è qualcosa che manca oggi non è tanto la coscenza che la repressione e la violenza, militare e politica, o la guerra, siano cose sbagliate e negative: non è questo il potere fascista da combattere, o non sempre, almeno.
Credo che una cosa che manca è il coraggio di ribellarsi ai sistemi di privilegi e di acessi preferenziali, politici, familiari, mafiosi, quali che siano. Credo che se manca qualcosa che la Resistenza poteva insegnare, non è tanto che bisogna armarsi e combattere -almeno non letteralmente o non ora- ma che bisogna andare tanto contro i potenti quanto contro coloro che accettano queste forme di sottomissione e di potere.

Non solo credo ci si debba opporre a chi incarna o gestisce queste forme di potere, ma sempre di più mi sento di voler mandare in culo anche chi le usa a proprio favore, contro chi ne accetta le logiche per trarre anche un minimo di vantaggio. Intendo dire, per esempio, che bisogna ribellarsi a coloro che rivendicano l'appartenenza ad una nazione, o ad una religione, o un colore della pelle, come condizioni necessarie per accedere al riconoscimento sociale ed ai servizi, ad esempio.
Ma ancora di più, bisognerebbe sputare in faccia a tutti quei venticinquenni che mettono giudizio e capiscono che l'Italia è così e che bisogna legarsi ai potenti per campare; a quelli che fanno le tessere dei partiti per fare carriera dentro le banche, le istituzioni, la Rai, i dottorati, o quant'altro. Bisognerebbe sputare in faccia alle ragazze che vanno agli esami scollate "perché quello è un porco e così prendo di più". Sputare in faccia, quindi, a tutti quelli che imparano a muoversi dentro i sistemi di potere che regnano ovunque per ottenerne i privilegi.
Comunque, fuor di metafora, vorrei sputare in faccia, e lo vorrei fare personalmente -con una generosa dose di catarro appena raschiato via dal palato con quel rumore caratteristico ed inconfondibile- ai ragazzi che vedo ai comizi del Piddièlle o del Piddì, quei giovani sfigati che cantano accanto al potente di turno, e lo bladiscono, con anche i genitori là sotto a fargli i complimenti perché hanno toccato e stretto la mano abberlusconi o a Wel-trony (: ci sono molti paragony). Bravi, complimenti. Se c'è una cosa tipica dell'Italia Berlusconiana che questa ha in comune con il fascismo, e che rappresenta la loro comune natura di regime nel senso più bieco sebbene meno tetro del termine, è la naturale passione e propensione per questa forma di vita sociale, basata sull'elogio ed il premio riconosciuti a chi sopravvive, costi quel che costi, in queste società da basso impero.

venerdì 28 marzo 2008

Salve

Non ho niente di praticoare da dire oggi ma ho aperto il blog e ho deciso comunque di scriverci qualcosa. Sono molto felice di non essere in Italia in questo momento. Purtroppo non riuscirei ad ignorare quello che viene detto in tv o sui giornali; tanto per dire una cosa: qua parlano di Narko-Sy (= modelle, coca, bella la vita del presidente...) meno di quanto ne parlano in Italia. Il suo approccio alla politica molto mondano e trendy non ha convinto nessuno e la sua popolarità è caduta a picco. Non ho sviluppato nessuna paticolare simpatia nei confronti della Francia, ma devo dire che qua si fanno prendere per il culo molto meno che da noi.

martedì 25 marzo 2008

CITAZIONE DEL GIORNO

"Il PD è come la morte per annegamento. Una sensazione meravigliosa dopo che smetti di lottare."


Daniele Luttazzi

martedì 18 marzo 2008

PROMOZIONE SPECIALE!!! CURRIT'!!!!!!


Solo per oggi con La Repubblica in omaggio gli occhiali di Veltroni: mettili, e tutti i conflitti, Chiesa contro Stato democratico, lavoratori contro padroni, e persino la seconda Guerra Mondiale spariranno!!!! Provali subito!!!!!!!!!!!!!!!!!


Leggere attentamente le avvertenze: provocano perdita di lucidità e gravi amnesie, in particolare sulla storia del '900.

lunedì 17 marzo 2008

I Dervisci del Kurdistan la sottomissione e l'autocensura

Recentemente mi è capitato di vedere un bel documentario girato negli anni '80 in un paesino al confine tra Iran e Iraq, che riguardava una setta religiosa particolare, i Dervisci del Kurdistan. I Kurdi rientrano tra quelle popolazioni che, nel grande Risiko colonlista e nazionalista degli ultimi due secoli e mezzo, hanno avuto qualche problema con i dadi: benché dotati di lingua e tradizioni religiose e politiche proprie (non come i Veneti, quindi), non hanno avuto modo di creare un'entità politica autonoma che li rappresenti, rimanendo schiacciati e vessati da Iran, Iraq e Turchia. I Kurdi sono cristiani, musulmani, comunisti, ecc... ma nel caso in questione erano Dervisci, "cugini", cioé, di qui Dervisci rotanti turchi che chiunque abbia letto o visto, ad esempio, La casa dorata di Samarcanda di Corto Maltese, potrebbe ricordarsi.
La comunità del documentario viveva principalmente di agricoltura, di pastorizia, e di piccolo commercio di contrabbando, particolarmente fruttoso, sebbene rischioso, durante la guerra tra Iraq ed Iran. A capo del villaggio vi era la principale autorità spirituale, tale Sheikh Mohammed.
Ora, bisogna precisare che i Dervisci in questione erano fondamentalmente musulmani, ma avevano culti caratteristici che li distaccavano dall'ortodossia principale dell'Islam, il sunnismo, così come dallo Sciismo, dominante in Iran. La caratteristica principale del loro culto consisteva infatti nel praticare atti di automutilazione, come il trapassarsi le guance con grossi spilli, il mangiare bicchieri di vetro, il farsi attraversare il corpo da scariche eletriche... Il tutto avveniva nel corso di alcune cerimonie serali in cui venivano coinvolti anche i giovani, sempre sotto l'attenta guida e la sorveglianza degli adulti, e dello Sheikh in particolare.
Qualunque fosse la propria "specialità", spillo, bicchiere o anche la semplice trance provocata dall'incessante ripetizione di una litania (le musiche, tra l'altro, sono belissime), si doveva chiedere l'autorizzazione allo Sheikh, il quale normalmente concedeva la possibilità di fare ciò che si era chiesto, per assistervi impassibile.
Dunque, occorre precisare che l'autorità dello Sheikh era ereditaria, e questa concentrazione del potere sembrava, dal documentario, una caratteristica tipica dei Dervisci. Arrivo al punto. Nella comunità vi erano famiglie più o meno importanti, a seconda del grado di parentela, più vicino o più lontano, con lo Sheikh. Chiunque avesse voluto entrare nella comunità del villaggio, senza esservi nato o avervi parenti, avrebbe dovuto esservi accettato dallo Sheikh: sotto questa condizione, qualcuno avrebbe sicuramente dato lavoro al nuovo venuto nei propri campi, o come pastore, a condizione che pregasse, digiunasse quando pescritto, e che si comportasse in modo pudico e morale verso le donne e gli altri. Nulla più era richiesto.
Eppure, tornando alle cerimonie, esse rappresentavano atti di sottomissione al capo, poiché erano espressamente dedicate a lui, ed era tale dedica a far sì che non si riportassero conseguenze dannose sul proprio corpo. Erano atti di fede e di sottomissione. Nel documentario, si diceva anche espressamente che questi atti erano tipici delle persone più povere e meno in vista, che erano sempre coloro che non possedevano terra e che non potevano rivendicare nessuna parentela con lo Sheikh. Lo Sheikh stesso, come i suoi parenti più stretti e le persone del suo stesso rango, non si dedicavano a tali pratiche, benché la loro fede non fosse messa in discussione; neanche, a dire il vero, questi le richiedeva agli altri: eppure quelle trance, quelle ferite, quegli atti di fede, erano espressamente diretti a lui. Sembrava che la gente riuscisse davvero a non ferirsi in modo permanente, o che sapesse mascherare molto bene il dolore e le conseguenze.
In sostanza: la fede derviscia, almeno in questi casi, si esprimeva con atti di automortificazione che rappresentavano la sottomissione verso l'autorità; erano, in altre parole, una risorsa a disposizione di tutti per poter entrare a far parte di una comunità che dava grande valore la fede. Ma, cosa più importante, erano una risorsa aperta a tutti coloro che per nascita non avevano una posizione in vista nella società. Si trattava, in fondo, di accettare un pò di dolore. Era come se fossero modi per farsi accettare, per entrare nella comunità, ma il gioco subdolo era che se da un lato queste pratiche garantivano l'integrazione nel gruppo, dall'altro erano un segno indelebile di inferiorità: nessun parente dello Sheikh, e meno di tutti lo stesso Sheikh, avrebbero mai fatto niente del genere.
Di esempi simili nella nostra società ce ne sono a bizzeffe; mi viene in mente, in particolare, Fantozzi: la passione aziendale per il ciclismo nella Coppa Cobram è un mezzo fondamentale per avanzare di grado o anche solo per mantenere la propria posizione aziendale. Sembra che quindi ogni gerarchia si basi su alcune convinzioni o alcune regole che occorre rispettare, o meglio, delle quali occorre manifestare (o ostentare) il rispetto, per poter stabilmente far parte del gruppo.
Un altro esempio potrebbero essere i gornalisti del TG (ce ne sarebbero miliardi, ma mi è venuto questo); ora, poniamo che voi non siate parenti di nessuno e che lavoriate in Rai (improbabile), diciamo a Rai Uno (che culo). Un bel giorno, al cambo di governo, per decreto (papale) viene deciso che il vostro nuovo megadirettore del TG sarà Clemente J. Mimun (J. sta per Junior). Diciamo che voi non siete dei rivoluzionari, che non volete abolire la proprietà privata e che la dittatura del proletariato non è tra i vostri obiettivi principali nella vita; cionostante, siete moderatamente tendenti a sinistra, non credete nel mercato assoluto e selvaggio, nelle bombe all'uranio democratico, ecc... (tra l'altro, se la pensate così, vi comunico che non avete più un partito che vi rappresenti). Il nuovo direttore non è dello stesso avviso, ma ovviamente (mica tanto, si fa per dire) non può cacciarvi. Quindi, lui è lì e voi dovete decidere cosa fare con le immagini delle manganellate che alcuni sbirri hanno gratuitamente rifilato (per assurdo, si capisce) ad alcuni manifestanti pacifisti. Mimun si sbellica dalle risate vedendo le immagini, fa un rutto, palpa il culo di una segretaria che passa di lì, e poi vi chiede:
"Che facciamo allora...le mandiamo in onda queste immagini o no? No vero? Poi la gente si impressiona mentre mangia..e questi puciosi...queste zecche qui...ben gli sta no? Allora?"
Voi avete figli a carico, il lavoro in fondo vi piace, e non potete fare altrimenti che cercare di tenere il posto: che fate?
Date prova di fede per poter vivere, o no? Tenete famiglia o no? Andate incontro all'emarginazione o prendete l'occasione offertavi per avere un posto al sole? (ma neanche al sole, diciamo un posto non all'ombra, un posto nel mondo). E la prossima volta, che fate? Glielo richiedete di mandarle in onda?
Di buono c'è che qui, a differenza che tra i Dervisci, non si tratta di farsi male. Dopotutto, sono solo idee e le idee, come si sa, contano poco. Che differenza fa se uno le cambia? Mica rimangono le ferite, no?

Promozione speciale

Solo per oggi con La Repubblica trovi in esclusiva allegati i finti nei di Veltroni da attaccare come e dove vuoi, sulla tua faccia o su quella dei tuoi amici. Affrettati, cosa aspetti...le elezioni?

Leggere attentamente le avvertenze: possono causare ipocrisia, buonismo e piaggeria. Tenere lontani dalla portata dei bambini: ne va del loro futuro.

domenica 16 marzo 2008

Errata Corrige

Ringrazio il Guercio che mi ha fatto notare che la vittoria dell'Italia al 6 nazioni è la sesta e non la seconda.

sabato 15 marzo 2008

RUGBY

A due minuti dalla fine di Italia Scozia al Flaminio, sul punteggio di 20 a 20, Andrea Marcato, dopo una prestazione discutibile, piazza un drop e porta l'Italia sul 23 a 20. Seconda vittoria nella storia del 6 nazioni, di nuovo con la Scozia.

CITAZIONE DEL GIORNO

"Il calcio è uno sport per gentiluomini giocato da bestie e il rugby è uno sport per bestie giocato da gentiluomini."

Charlie Handerson, When a fight is not a fight?

giovedì 13 marzo 2008

CITAZIONE DEL GIORNO

"Lei conosce le regole, Fantozzi...lei saaa come deve comportarsi in società...non è veeroo? Quello che deve faaare quello che non deve faaare...Vedremo...vedremo..."

Corrado Maria Lobbiam, da Il secondo tragico Fantozzi