martedì 23 settembre 2008

ADULTI, GIOVANI, IPOCRISIA.

In questa manciata di righe vorrei parlare del modo ipocrita con cui la società ed il dibattito, sia pubblico sia privato, visto che il primo ha ormai plasmato attraverso i media anche il secondo, trattano di alcune cose importanti della vita, soprattutto rivolgendosi ai giovani. Quello che trovo sconcertante è il fatto che sui giornali si parli della vita, della morte, della droga e del sesso -delle cose importanti- come se ne parla in società, in pubblico, superficialmente. Superficialmente: cioè partendo dall'idea che la droga non ci dovrebbe essere e quindi senza riuscire neanche a domandarsi il perché ci sia. A volte mi sembra come cercare di capire la morte ad un funerale. Impossibile. Ci si può soltanto girare intorno, anzi ci si deve girare intorno, affaccendarsi di continuo intorno al vuoto, cercando di riempirlo.
Dunque, noi giovani e voi adulti siamo sulla stessa barca. Fatta con gli stessi materiali e sottoposti alle stesse regole. Ed agli stessi rischi. Allora, quello che vorrei capire -e non è una domanda retorica- è il perché si debba fingere che le pratiche e le regole del nostro vivere in società, del vivere "civile", come si dice di solito, debbano essere considerate autoevidenti. O meglio, perché la loro legittimità debba essere considerata ovvia, naturale. Non ho in mente niente di complicato: Lavora. Studia. Onora questo. Rispetta quello. Vestiti a modino. Eppure, tanto per fare un esempio, io spesso mi immagino morto, mangiato dai vermi, letteralmente, (è questo che succede gente!) e mi chiedo: a cosa è servito tutto questo, rispettare tutte queste regole? Perché della morte, del dolore e dell'infelicità non c'è traccia in quello che sento dire o vedo fare dagli operosi cittadini? E' ansia di salvezza e liberazione, la mia, e lo so perfettamente. Perché non vado in Chiesa? Perché la Chiesa specula su quest'ansia per imporre le sue regole ed il suo ordine: come quasi tutte le istituzioni politico-religiose mira all'egemonia. Cosa c'entra quello che faccio nel mio letto, o nella mia macchina, con ciò che sarà di me dopo che questo mio piccolo cuore si sarà spento? Perché la Chiesa mi rassicura se mi comporto bene -povero piccolo!- ma mi lascia lo stesso da solo, con dio.
Ora, per carità, non è che mi aspetto di trovare una soluzione alla paura della morte scritta sul quotidiano o nella politica (o forse si?), ma il fatto è che ci sono problemi, tipo questo, e angosce, tipo questa, che non mi sembra possano essere considerate risolte. Ma non c'è solo la paura della morte, che è un pò un caso limite per quanto riguarda i problemi umani. Ci sono anche disagio, dolore e infelicità.
Si parla delle famiglie assenti. No, le famiglie ci sono. E aggiungerei purtroppo, in molti casi. Famiglie solide, per bene, fatte da persone che hanno pazientemente e laboriosamente operato giorno dopo giorno, per anni, in vista del loro completo annichilimento. Che ci hanno dato tutto ciò che serve per essere felici, tranne la cosa più importante e cioè la prova vivente che si può esserlo davvero. L'ansia di cercare di costruirsi e ritagliarsi un posto nel mondo per scoprire un giorno, a 50 anni come Verdone -Mio dio!- che non ci va bene e che non è ciò che si è voluto. L'infelicità, a volte, è un male ereditario e in molti l'abbiamo ereditata da voi, padri e madri.
Siate onesti, "adulti", che avete il potere e che se non avete costruito questo mondo e non ne decidete le regole, almeno ne custodite le chiavi: quanti di voi hanno bisogno di un bicchierino, solo per avere quel leggero e momentaneo stordimento quotidiano -Certo!- compatibile con gli oneri e con gli obblighi di lavoro, si capisce... Quanti di voi grattano e grattano patine di disperazione alla ricerca di luce e di fortuna dai tabaccai? Quanti cercano di tenersi su con il sesso, quello più brutto, magari quello comprato... Quanti di voi si abbandonano ad irragionevoli e violenti attacchi di rabbia, mossi solo da un infelicità che cova, sordida, e cerca solo una valvola per sputare fuori rancore, possibilmente verso qualcuno più debole ed esposto?
Siate onesti, "adulti". Vivete nel rancore, per la maggior parte del tempo, e nella paura. Pieni di ansia. E la trasmettete ai vostri figli; poi però, quando noi la recepiamo e cerchiamo di sedarla -perché la società è vostra e fa paura a voi, figuratevi a noi!- allora ci dite che è sbagliato, che non si deve, che è mortale, senza dirci neanche PERCHÉ' non si deve e soprattutto in quale altro modo si può fare! Allora avete paura dei nostri vestiti. Dei nostri capelli. Della nostra musica. Dei nostri schiamazzi. Dei nostri modi di fare. Ma quello che meno di tutto sopporto quando trattate questioni come le droghe, è che dite di voler capire, di voler parlare, mentre poi per prima cosa MANDATE GLI SBIRRI CON I CANI fuori dalle scuole a rovinare per sempre la nostra vita. Il tutto in nome del dialogo, perché volete capire noi giovani. Vorrà dire che impareremo a parlare con i cani.