martedì 14 aprile 2009

I VERI PATRIOTI

Da un pò di tempo a questa parte si notano alle partite di calcio dei tricolori con su scritto, rigorosamente in nerissimo, il nome della città di provenienza del gruppo ultras, oppure il nome del gruppo, il quale può essere parte più o meno organica di una tifoseria organizzata. Sono simboli fascisti, e il piccolo stadio della minuscola Siena non fa eccezione, poichè è possibile vedervi, in occasione delle partite della robur, il tricolore solcato da una scritta in nero: "Gruppo d'azione Siena".
Ora, la gente di sinistra, come me, è storicamente diffidente nei confonti del tricolore, tra le altre cose, per ragioni filosofico-politiche, vedi la concezione marxista della nazione (sembra un argomento tanto astratto, mentre invece è molto radicata nella gente comune; tempo fa ho conosciuto uno spazzino che mi disse, parlando del giornale "La Nazione": "Io non posso nemmeno vedè il titolo..."). L'appartenenza nazionale, secondo questa visione (che in parte condivido) è una sovrastruttura che ha come effetto quello di dividere i lavoratori allineandoli militarmente ai voleri dello stato e di chi lo controlla, cioè la borghesia. Questo spiega la diffidenza da parte della sinistra verso i simboli e le identità nazionali: il socialismo ha sempre avuto una vocazione internazionalista.
Soprattutto però, almeno in Italia, c'è un problema di fondo con lo Stato, o meglio, c'è un gigantesco problema nel rapporto tra politica e Stato. Per i partiti italiani, lo stato è sempre stato un fortino da espugnare, una meta da conquistare e da piegare ai propri principi; da notare che "piegare lo stato ai propri principi" significa sostanzialmente usarlo per favorire i propri sodali, che siano compagni di militanza, parenti, oppure connazionali definiti per etnia o religione poco importa.
In Italia lo Stato non è un soggetto terzo rispetto a due o più fazioni politiche, che ne regola la contesa in base a principi riconosciuti come inviolabili da tutti i contendenti: in Italia lo Stato è considerato dalla politica come un sistema di gestione del potere e della ricchezza che va conquistato, anche con la forza ed il ricatto, se necessario, per usarlo a favore proprio e dei propri simili. Berlusconi ha fatto questo. Per certi versi anche il P.C.I. ha portato avanti un progetto simile, sebbene per finalità decisamente diverse e più condivisibili, almeno per me, rispetto a quelle dell'attuale pres. del cons.. La Lega fa questo quotidianamente. Ed i fascisti e neo-fascisti, che gli piaccia o no sentirselo dire, fanno lo stesso. Altrimenti, non si sentirebbero in diritto di prendere un simbolo che ci dovrebbe rappresentare tutti come italiani per vergarci sopra il nome della propria città o del proprio gruppetto di fanatici. Io non lo farei. Penso alla bandiera di Siena, la Balzana bianconera: se io la prendessi e ci schiaffassi sopra una stella rossa, verrebbe fuori una roba esteticamente superiore, ma eticamente scorretta. Non tutti si riconoscerebbero in quel simbolo e molti sentirebbero come un sopruso l'aver sovrapposto un simbolo che rappresenta una parte ad uno che rappresenta un tutto.
I fascisti di oggi rimarcano continuamente la loro natura eversiva sporcando con i loro simboli mortiferi qualcosa che in teoria dovrebbe essere patrimonio di ciascuno. Strano che a farlo siano forze politiche che rivendicano la sacralità dei simboli e dei rituali.
Per chiudere, mi viene in mente la conclusione del volume a fumetti di Staino sull'eccidio del Montemaggio: la storia si conclude con una sequenza di spari, dei quali si leggono soltanto i "Bam", i quali spari colpiscono l'aquila fascista al centro del tricolore. L'aquila che tiene il fascio viene colpita, e colpo dopo colpo cade. La sensazione è che venga rimossa come se fosse stata un'aggiunta, un'appendice come di sporcizia, o forse di malattia. Alla fine rimane solo il tricolore. E' una metafora splendida, se solo tutto fosse andato in quel modo. Invece no. Anche se sembra assurdo, c'è chi rivorrebbe quell'aquila.
Come disse il Sardelli: Il futuro era ieri. Pazienza. Solo che dispiace per chi ci ha creduto e si è sacrificato.

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